Un aumento dei potenziali beneficiari delle agevolazioni Imu che, tuttavia, potrebbe portare a restrizioni regolamentari da parte dei comuni che limitino le stesse agevolazioni. Questo uno degli effetti derivanti dall’adozione del dm 7 luglio 2023, poi aggiornato con il recente decreto del ministero dell’economia del 6 settembre 2024, con cui vengono posti limiti ben specifici alla potestà regolamentare dei comuni in materia di differenziazione dell’imposizione Imu.
Il contesto normativo di riferimento
I due decreti del ministero guidato da Giancarlo Giorgetti hanno la finalità di individuare «[…] le fattispecie in materia di Imposta municipale propria (Imu), in base alle quali i comuni possono diversificare le aliquote di cui all’art. 1, commi da 748 a 755, della legge 27 dicembre 2019, n. 160» e, in attuazione del successivo co. 756, possono differenziare le aliquote solo entro i limiti imposti dai decreti ministeriali citati.
Premesso che la differenziazione (e l’esenzione) da aliquote Imu è contenuta negli allegati ai decreti ministeriali e che è prevista per i comuni una procedura telematica di comunicazione di quanto adottato entro il perimetro delineato dai decreti attraverso una piattaforma telematica denominata «gestione Imu», occorre poi evidenziare come tale rinnovato assetto normativo in materia di tributi locali non riguardi esclusivamente l’ambito non profit, bensì la generalità dei soggetti passivi Imu, laddove poi si tenga conto che le potenziali differenziazioni applicabili paiono essere oltre 300.
L’impatto dell’Imu sul settore non profit
La questione è tuttavia di particolare interesse per l’ampio settore del non profit, atteso che lo stesso è stato interessato da diverse questioni (talune delle quali sono state anche oggetto di interpretazione autentica; si veda per esempio l’art. 1 co. 71 L. n. 213/2023 in tema esenzione Imu per immobili posseduti da taluni enti) che talvolta, hanno dato luogo anche a controversie applicative. Un dato che ora emerge inequivocabilmente dalla lettura degli allegati dei decreti ministeriali (da ultimo quello del 06/09/2024) è che la differenziazione/esenzione da Imu opera per le Onlus ma anche per gli «enti del terzo settore», con la conseguenza sostanziale di un potenziale ampliamento dei soggetti che beneficiano di riduzioni/esenzioni da tributo.
Le previsioni per onlus ed enti del terzo settore
Si badi bene che, però, ciò non comporta alcuna automatica riduzione o esenzione: infatti, al di fuori del perimetro delle differenziazioni (e soprattutto delle esenzioni) legislativamente previste, sarà sempre necessario per l’ente andare a controllare lo specifico regolamento Imu del comune in cui l’immobile è situato, al fine di comprendere termini e condizioni per la differenziazione ai fini dell’applicazione del tributo locale.
Un primo aspetto che però sembrerebbe emergere dalla strutturazione degli allegati ai decreti ministeriali (che, si ribadisce, rappresentano i limiti entro i quali i comuni possono differenziare l’applicazione del tributo) è che non pare possibile dare un trattamento di favore diversificato tra Onlus ed ente del terzo settore. Ciò in considerazione del fatto che in ogni punto degli allegati, le due fattispecie di ente vengono sempre nominate contestualmente e ciò parrebbe chiaramente indicare la volontà di equiparare il trattamento Imu degli immobili detenuti sia dagli uni che dagli altri: insomma, non sembra possibile che in un comune che adotti un regolamento Imu, vi sia un trattamento (ai fini del tributo) differente per gli immobili delle Onlus rispetto a quelli degli enti del terzo settore.
Nei regolamenti comunali l’inquadramento degli immobili
Quindi, ai fini dell’applicazione del tributo locale sugli immobili, il regolamento comunale rimane «centrale» per comprendere il corretto inquadramento Imu di un immobile detenuto da un ente non commerciale, fermo restando – come già scritto – che il regolamento medesimo non può derogare ad eventuali esenzioni legislative al riguardo (né tantomeno all’applicazione delle stesse sulla base della disposizione di interpretazione autentica prima rammentata).
Peraltro, si ritiene che anche gli aspetti definitori dal punto di vista soggettivo possano avere una limitata autonomia interpretativa: se vi sono pochi dubbi sull’individuale dei soggetti che ancora oggi si avvalgono dell’acronimo Onlus, anche l’espressione «enti del terzo settore» deve (a parere di chi scrive) intendersi in senso tecnico, con ciò identificando tutti quei soggetti che (in aderenza alle previsioni del dlgs n. 117/2017) sono iscritti al Runts (Registro unico nazionale del terzo settore): non si tratterebbe, quindi, di un’estensione a tutti i soggetti associativi «non profit», ma solo a quelli che risultano ben individuabili sulla base di caratteristiche oggettive.
Da ultimo, si vuole evidenziare, come già accennato in apertura, che tale potenziale ampliamento dei soggetti non profit che possono beneficiare di sgravi Imu, possa avere conseguenze in termini di gettito per i bilanci comunali e questo possa – in generale – portare ad alcune restrizioni regolamentari che limitino le agevolazioni in questione.
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