Il Black Friday 2024 è arrivato e promette di infrangere nuovi record di spesa e partecipazione, confermando il trend di crescita degli ultimi anni. Già nel 2023, infatti, i dati della National Retail Federation statunitense hanno indicato il venerdì nero come il giorno più popolare per lo shopping invernale, con milioni di persone che si sono riversate sia nei negozi fisici, sia sulle piattaforme online.
Quest’anno, tuttavia, emerge un elemento di novità degno di nota: l’adozione massiccia di strumenti basati sull’intelligenza artificiale (IA), che sta a trasformando radicalmente anche il modo in cui i consumatori vivono il processo d’acquisto.
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L’IA compagna di shopping
Secondo un’indagine della società di ricerche Attest, oltre il 44% degli americani che probabilmente faranno shopping durante il Black Friday intende utilizzare un assistente di shopping basato sull’IA, come chatbot e applicazioni di IA generativa (GenAI). Questi strumenti, progettati per assistere in tempo reale, sono in grado di fornire raccomandazioni personalizzate, rispondere a domande specifiche e tradurre i desideri dei consumatori in realtà da aggiungere al carrello.
Una vera e propria bacchetta magica, per cui non sorprende se il 40% degli intervistati dichiara di riporre piena fiducia in queste tecnologie, con i Millennials in testa: il 22% di loro afferma infatti di essere “molto propenso” a utilizzare assistenti di IA, mentre il 21% mostra interesse verso le applicazioni di GenAI per scoprire offerte o ricevere consigli su prodotti da regalare o regalarsi. L’intelligenza artificiale, dunque, da un lato analizza i nostri comportamenti quando cerchiamo cose da comprare in rete o quando siamo davanti agli scaffali di un supermercato e dall’altro diventa proprio compagna di shopping.
Consumare secondo l’algoritmo
L’efficacia di questi strumenti risiede proprio nella capacità di accelerare il percorso d’acquisto: è ormai assodato che processi più rapidi, dalla ricerca iniziale del prodotto alla decisione finale, aumentino significativamente il numero di transazioni completate. Intervenendo nei momenti chiave di tale percorso, l’IA allevia il carico cognitivo dei consumatori, semplificando per loro le scelte possibili e riducendo i tempi necessari a compierle. Un rasoio di Occam che taglia la complessità decisionale e che rischia di trasformare definitivamente l’acquisto in un atto meccanico, svuotandolo della dimensione riflessiva che caratterizzerebbe un consumo responsabile.
Il rischio è quindi quello di mascherare, dietro l’apparenza di un “dialogo” con l’IA, una dinamica che in realtà riduce il consumatore a esecutore di scelte preconfezionate: se si prova a chiedere a Rufus – l’intelligenza artificiale per gli acquisti su Amazon ancora in fase Beta – se sia meglio un microfono da videomaking A oppure B, risponderà dando foto e brevi informazioni sull’uno e sull’altro, cliccabili per procedere direttamente al pagamento, e suggerirà di continuare la conversazione con domande già compilate, tra cui “esistono accessori utili da abbinare a microfono A?” e “cosa comprare per fare videomaking?”, domande che evidentemente agganciano nuovi prodotti presenti nel negozio online.
In altre parole, il rischio è di compromettere ulteriormente la ricerca dell’equilibrio tra riflessione consapevole e consumo, allontanando ancora di più le persone da un processo deliberativo e avvicinandole pericolosamente a catene di risposte automatizzate che non sono neutrali. Questi strumenti, infatti, forniscono certamente raccomandazioni in base ad algoritmi addestrati su dati, ma incorporano anche le priorità definite dai progettisti e dalle aziende che li propongono come servizi. Non c’è da stupirsi se perciò il funzionamento di tali strumenti sia intrinsecamente orientato verso l’ottimizzazione delle vendite e la reiterazione del consumo.
Una dinamica che si sposa perfettamente con quella del Black Friday, dove la velocità delle decisioni e l’urgenza percepita sono rinnovate da offerte a tempo e promozioni lampo: un sodalizio, questo, che solleva interrogativi sulle implicazioni di una società orientata a un’accelerazione così esponenziale e continua. Un’accelerazione che oltre una certa soglia, superata in nome di una presunta maggiore efficacia, trasforma la produttività in controproduttività: indagini rivelano che più della metà dei consumatori, il 52%, si pente degli acquisti effettuati frettolosamente durante il Black Friday.
Un dato confermato dal fatto che, nei giorni successivi al venerdì nero, i resi dei prodotti aumentano del 143%, così tanto da far rinominare i giorni seguenti “return days”. Questi giorni interamente dedicati ai resi hanno un costo ambientale spesso sottovalutato: uno studio di Nature mostra che l’impatto ecologico dei resi può essere superiore del 30% rispetto alla consegna iniziale, poiché implica una logistica complessa legata al trasporto ad alta intensità energetica diretto verso i magazzini e ai trattamenti aggiuntivi di pulizia o reimballaggio.
Di cos’altro hai bisogno?
Se la sovrapproduzione immette sul mercato una quantità eccessiva di beni, immette però anche un surplus di servizi, tra cui quelli che rispondono all’esigenza della sovrapproduzione stessa di aumentare la domanda di beni. In questo caso è letteralmente una domanda, “di cos’altro ho bisogno?”, simile a quella suggerita dall’intelligenza artificiale al consumatore affinché la scriva nella chat per non rivolgerla quindi davvero a se stesso: come se, in un circolo vizioso, l’IA continuasse a perfezionare la sua capacità di personalizzare le proposte e il consumatore perdesse la capacità di interrogarsi da sé criticamente su ciò di cui ha realmente bisogno.
In concomitanza con il Black Friday si celebra in molte parti del mondo il Buy nothing day, la Giornata del non acquisto, che arriva qualche giorno dopo il Circular Monday, la Giornata del consumo circolare: una buona occasione per fermarsi a riflettere sulle conseguenze di questa cessione di libertà dall’umano all’IA.
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