diAldo Tani
L’azienda: solo uscite volontarie, reinvestiremo 260 milioni. La Cgil: bomba sociale
Il volantinaggio dei lavoratori di Beko tra i banchi del mercato sembrava l’emergenza di primo piano. Invece, in quelle stesse ore, si consumava quella che il segretario della Cgil Siena, Alice D’Ercole, definisce «una bomba sociale». Gsk ha comunicato ai sindacati un piano di esuberi che coinvolgerà 270 persone. Uscite volontarie, assicura l’azienda, da attuarsi in due anni e con tutta una serie di incentivi e percorsi dedicati, anche la possibilità di essere riassorbiti negli altri siti italiani del gruppo.
La ristrutturazione riguarderà Siena e Rosia, nel Comune di Sovicille, rispettivamente per 13 e 257 dipendenti. Stabilimenti che nel 2023 hanno fatturato oltre 400 milioni. Non ci sarebbe quindi una crisi economica dietro l’angolo, l’azienda spiega che si tratterebbe invece della volontà di «accrescere ulteriormente la competitività dello stabilimento e confermare la sua strategicità all’interno del network aziendale».
Il colosso dei vaccini risulterà più flessibile nei suoi distaccamenti senesi e in grado di presentarsi al meglio al piano di investimenti da «circa 260 milioni di euro a Rosia entro il 2026 in infrastrutture ed impianti produttivi, in miglioramenti tecnologici — ad esempio una nuova linea di infialamento che accrescerà la capacità del sito e potenzialmente attrarre nuovi prodotti — e in sostenibilità ambientale — un nuovo parco fotovoltaico».
Verrà in meno in ogni caso il 14% dell’attuale forza lavoro: a Rosia dovrebbero restare circa 1.500 lavoratori. Non saranno interessate solo le figure vicine alla pensione, a ogni dipendente sarà concessa la via di uscita. Tuttavia, gli indizi porterebbero soprattutto a profili di fascia alta, con un evidente risparmio sul personale. Da Gsk filtra la convinzione che non ci saranno problemi a raggiungere i numeri indicati, ma nel confronto con i sindacati non è stato specificato cosa succederà se quella soglia non dovesse arrivare.
«Loro sono convinti di riuscire a gestire tutta la questione con la disponibilità da parte delle persone attraverso gli incentivi che metteranno in campo, ma cosa succede se non c’è questa volontà?», si chiede D’Ercole. «Il timore che da volontario si trasformi in esubero vero e proprio» ha proseguito la sindacalista, che non ha digerito neppure il modo di interfacciarsi dell’azienda: «A differenza del 2020 in cui ci fu un percorso di contrattazione, i numeri dei soggetti coinvolti peraltro era molto inferiori a questi, oggi siamo a una mera comunicazione. Per questo motivo noi chiediamo di vedere il piano industriale, chiediamo il confronto, il coinvolgimento delle istituzioni. Di fronte a una bomba sociale nel territorio non si può arrivare, far man bassa sul lavoro e andare via».
La Cgil al momento non è stata seguita né dagli altri sindacati, né dalle istituzioni, che preferiscono un atteggiamento attendista. Oggi dovrebbero essere in programma una serie di confronti interni con le Rsu aziendali per studiare le prossime mosse. In ogni caso un altro (duro) colpo da assorbire per Siena.
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