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Per i giudici non basta la dissociazione per togliere il regime del 41bis al boss
Roma – Rimane al carcere duro con il regime del 41 bis il boss Filippo Graviano. La Cassazione ha infatti dichiarato inammissibile il ricorso del boss stragista. Il capomafia di Brancaccio rimane quindi al carcere duro, con un regime di detenzione differenziato e pensato proprio per i capi delle cosche, i killer appartenenti alle mafie e i terroristi.
I giudici senza entrare nel merito del ricorso, hanno confermato la decisione del Tribunale di sorveglianza di Roma, che si era pronunciato a maggio, negando quanto sostenuto da Graviano e cioè che fosse stato reciso il collegamento concreto e attuale tra il detenuto e l’ambiente esterno, gli uomini liberi del suo clan.
La dissociazione da Cosa nostra, dichiarata pubblicamente da Filippo Graviano nel 2021, non equivale a collaborazione e per questo i magistrati scrivono: “Gli accertati contatti con il clan di appartenenza, mantenuti attraverso alcuni familiari, potrebbero far rischiare il loro ripristino e la mancanza di una reale dissociazione dal contesto criminoso”.
Per la Cassazione il 41 bis non è uno strumento punitivo, ma uno strumento necessario per impedire i collegamenti con l’esterno e con le realtà criminali. Filippo Graviano, col fratello Giuseppe, è considerato tra i mandanti delle stragi del ’92 e del ’93 ed è stato condannato all’ergastolo anche per l’omicidio del parroco di Brancaccio, padre Pino Puglisi, oggi Beato della Chiesa.
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