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La battaglia per la collina di Shama così gli italiani sono di nuovo sotto tiro #finsubito richiedi mutuo fino 100%


Dall’alto di Shama si domina tutto, e non è un caso che anche i soldati crociati avevano pensato bene di costruirvi un castello. Da Tiro a Naqoura nessuno da qui può passare inosservato. E piazzare l’artiglieria su quella collina significa tenere sotto scacco tutta la costa più vicina al confine israeliano. Un corridoio essenziale per le forze di Hezbollah, che in quella zona, da quando è iniziata l’invasione, resistono a oltranza, tra i bombardamenti dei caccia israeliani, il fuoco dei cannoni e l’avanzata delle truppe di terra. L’obiettivo dell’Idf in questo momento è solo uno: accerchiare le milizie sciite, spezzare le linee nemiche e assicurare le retrovie fino alla Blue Line. Ma per farlo è necessario avere il controllo di Shama. E come lo sanno i comandi di Tel Aviv, lo sanno bene anche le cellule di Hezbollah, che di quella regione conoscono ogni centimetro. Tra le rovine dei villaggi, la boscaglia e le pietraie, i combattenti sciiti hanno trasformato il sud del Libano nel loro santuario. E lo difendono con imboscate, colpi di cecchini e lanciarazzi nascosti ovunque.

LA STRATEGIA

La battaglia per Shama è fondamentale. E se ne sono resi conto anche i caschi blu italiani di stanza su una delle colline intorno al villaggio. In tempi di pace, dalla base si può addirittura sentire in lontananza il canto del muezzin che richiama i fedeli alla preghiera, tanto è vicino il centro abitato all’avamposto di Unifil. Ma adesso, da alcuni mesi, la situazione è profondamente cambiata. I mille soldati italiani di stanza lungo la Blue Line passano le loro giornate con il rumore dei missili, dei caccia e dei droni. Il fuoco della battaglia circonda le basi delle Nazioni Unite dove sono le nostre forze armate. La 1-31, avamposto esattamente sopra il confine, Naqoura, dove c’è il quartier generale della missione ed entrambe interessate dal fuoco israeliano, Mansouri, e ora Shama, il cuore operativo del contingente italiano. Per questo le basi su cui sventola il tricolore finiscono di nuovo al centro del fuoco e dopo settimane di attacchi da parte dell’esercito israeliano ora ad arrivare sono i missili di Hezbollah.

IL CONTINGENTE

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La vita dei militari della Brigata Sassari passa tra attività ridotte al minimo, tentativi di pattugliare e monitorare quanto sta accadendo, stato di allerta massima e corse nei bunker. Si cerca di operare al meglio, fanno sapere dalla base. Si fa il possibile per svolgere il compito per cui sono schierati nel Settore Ovest. Un lavoro essenziale, tanto che ieri il premier libanese Najib Mikati ha telefonato a Giorgia Meloni chiedendo all’Italia di mantenere l’impegno nella regione. Ma ora che Idf ed Hezbollah si scontrano a pochi chilometri dalla base, la guerra si è prepotentemente avvicinata al quartier generale. E come avvenuto questa settimana, è arrivata direttamente dentro il perimetro. Il livello di allerta è elevato. Ed è probabile che resti così ancora per diverso tempo. Gli scontri intorno a Shama sono intensi e la battaglia è furiosa.

SUL CAMPO

L’inverno alle porte rende le operazioni dell’Idf più complesse. La pioggia trasforma i sentieri in fango e i villaggi rasi al suolo, insieme ai boschi, possono essere usati dai miliziani libanesi per nascondersi e colpire, soprattutto quando alcune forze dell’Idf tornano nelle loro basi al di là del confine. Sono tattiche di guerriglia pura, che lo Stato ebraico ha già conosciuto nel 2006. L’esercito israeliano ha imparato la lezione. Ed è anche per questo che le incursioni sono di pochi chilometri e molto intense, precedute dall’artiglieria e dei jet che martellano tutta la regione. E in mezzo a questo fuoco, Unifil resiste, ricordando a tutte le parti in campo che la comunità internazionale non vuole cedere di fronte a una linea di confine che si è trasformata ormai nella linea del fronte.

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