VENEZIA – Secondo il decreto-legge entrato in vigore lo scorso 24 ottobre, il Bangladesh è un Paese sicuro. Ma una settimana dopo il Tribunale di Trieste, pronunciandosi sullo specifico caso di un bengalese arrivato a Nordest lungo la rotta balcanica, gli ha riconosciuto ugualmente la protezione sussidiaria, perché in caso di rimpatrio «rischierebbe di essere sottoposto – se non ad atti qualificabili come tortura, quanto meno – a trattamenti inumani e degradanti».
Da settembre il migrante ha un contratto a tempo indeterminato in Friuli Venezia Giulia: «Sono molto contento perché l’Italia è un Paese accogliente, mi sta aiutando a ripagare i debiti e a far vivere la mia famiglia», ha spiegato ai giudici, raccontando la drammatica fuga dagli usurai a cui deve 18mila euro, dopo che l’alluvione ha distrutto il suo allevamento di polli.
Le minacce e la fuga
Originario del villaggio di Shariotpur, nella divisione della capitale Dacca, l’uomo ha patito gli effetti di una delle esondazioni del Padma, origine dell’esodo dal Bangladesh di molti migranti climatici. «Il mio lavoro – ha riferito durante l’audizione giudiziale – andava bene, allevavo polli. Alla fine del 2019, una notte, all’improvviso, il fiume si è ingrossato e ha portato via la casa e tutto il pollaio. La mia storia si trova anche su YouTube».
L’abitazione perduta, con l’annesso terreno, costituiva la garanzia per i creditori. «Poiché non potevo tornare a casa, mia madre e mia sorella hanno venduto il loro oro – ha aggiunto l’allevatore – e con quei soldi sono partito. Mio padre mi ha detto che se mi avessero trovato, mi avrebbero ucciso».
Il 10 aprile 2021, il giovane è scappato in Romania con un visto per lavoro promesso da un trafficante, mentre in realtà è stato rinchiuso e picchiato, finché il 12 giugno di quell’anno è approdato a Nordest con altri stranieri, portati da un passeur: «Ci hanno caricati nei camion e siamo arrivati in Italia. Qui in Italia poi ci ha presi la polizia».
La tratta
Il 13 gennaio 2022 la Commissione territoriale di Trieste-Udine ha rigettato la sua domanda di protezione. Ma il ricorso patrocinato dall’avvocata Alessandra Ballerini, e segnalato a Melting Pot, è stato accolto dalla sezione specializzata in materia di immigrazione del Tribunale giuliano. Per i magistrati, in caso di espulsione il bengalese rischierebbe «di essere destinatario di atti di violenza verbale e fisica, di esclusione sociale da parte del contesto di provenienza, di sanzioni da parte delle Autorità bangladesi e a nuovi fenomeni di tratta o sfruttamento lavorativo sia in patria che all’estero, poiché sarebbe spinto ad intraprendere una nuova esperienza migratoria, al fine di poter ripagare il debito».
Obiettivo che il migrante sta perseguendo dal Friuli Venezia Giulia: «Mi dà fastidio che ancora non sono riuscito a dare una casa ai miei genitori. Forse se lo Stato mi dà i documenti ci riuscirò».
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