ANCONA Rappresentanza di relazione, non di interessi. Con una formula, secca e lineare, Diego Mingarelli azzera le polemiche che lo hanno accompagnato verso la presidenza di Confindustria Ancona. Nella cintura della dorica, alla Baraccola, nella luce riflessa nelle pareti di specchi della sede, la classica situazione, una volta oltrepassato il giogo elettorale, di essere “il presidente di tutti” poggia su fondamenta robuste. Una consistenza che solo la logica, indiscutibile, dei numeri può conferire. La sequenza delle cifre è affidata alla regia di Giorgio Moretti, suo fedelissimo e presidente della Piccola Industria: «Il 99% delle preferenze che ha ottenuto è frutto di una partecipazione che a memoria non ricordo: alle urne è andato il 60% degli aventi diritto». Procede di comparazione, per esaltarne l’effetto: «Daniele Silvetti è diventato sindaco di Ancona con una affluenza pari al 51,8%».
L’attacco
Argina la soddisfazione di aver sfidato le correnti gelide di chi lo definiva imprenditore dai fatturati tali da rischiare di trasformare Confindustria in una sorta di Confartigianato, Mingarelli. «Sono onorato, grato, soprattutto sento la responsabilità di questo risultato. È un segnale forte». Sistemato il politicamente corretto, assesta il colpo riservato ai suoi detrattori che, oltre lo spartiacque dell’urna, pare si siano dissolti. S’accalora: «Raccontare un’azienda solo attraverso i ricavi è fuorviante. Le imprese si misurano anche con il loro essere leader nell’innovazione, nella sostenibilità». Contrappone i conti alla visione, e qui va di fioretto: «Solo un anno fa ho ricevuto dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella il premio riservato ai migliori progetti d’innovazione. Eravamo solo in sette. Un riconoscimento che ho condiviso con grandi player della robotica, dell’aerospaziale e della farmaceutica». Passione d’imprenditore, capace di rendere il sughero la base d’ogni costruzione ecosostenibile. A maggio di quest’anno è tornato sul podio, sempre a Roma, per un’onorificenza dell’Inail declinata sulla sicurezza. Tira le somme: «Rappresento bene l’eccellenza italiana: le Pmi sono il 50% del settore produttivo. L’export nazionale ha superato i 600 miliardi nel 2023, un traguardo al cui raggiungimento abbiamo contribuito per il 50%». Colpisce nel segno, ma subito annulla qualsiasi distanza: «Abbiamo solo vissuto un momento di confronto democratico». Una partita che, sul triplice fischio, quello finale, ha generato appena due abbandoni del campo: il suo ex Pierluigi Bocchini e il past president, l’imprenditore dorico Claudio Schiavoni. Le loro voci erano quelle della fazione avversa: tifavano per il concorrente Giovanni Fiorini, tre generazioni di packaging e base a Senigallia.
I numeri
Il contrordine si agita in ordine sparso. La Ariston Group di Paolo Merloni, in origine sul fronte opposto, ha assicurato 40 degli 880 voti a favore. Lo stesso tesoretto di preferenze è targato Elica, del fabrianese Francesco Casoli. Il leader mondiale delle cappe aspiranti ci mette l’enfasi e il sonoro: «In Confindustria Ancona c’era voglia di cambiamento e la consultazione di ieri (venerdì, ndr) ne è la dimostrazione. Sono molto contento, perché l’associazione merita un presidente come Diego Mingarelli». Ritocca il paradigma: «La sua è chimica avanzata, un’azienda dall’alto potenziale, un nuovo seme». La matematica sorregge la tesi. Che le grandi imprese del territorio siano di nuovo un fronte compatto è scritto nei sei voti-contro e nei tre astenuti. Un rapido calcolo per dimostrarlo: ogni imprenditore della territoriale, che ne conta 523, può disporre da uno a 24 voti, a seconda dell’equilibrio tra dipendenti e fatturato. Un combinato disposto che dimostra come le nove schede avverse non possono che essere voci minori.
La missione
Dà inizio al suo mandato, neutro, contro nessuno, Mingarelli: «Nelle Marche – ricorda – abbiamo 11 imprese ogni 1.000 abitanti. Ogni comunità di 1.000 abitanti ha 11 fabbriche, un grande tesoro fatto di famiglie: quasi un occupato su quattro della provincia di Ancona è nel manifatturiero, a livello nazionale è uno su sei». Sistema la sintesi in una nicchia: «Racchiude competenze di alto profilo e può diventare ancora più attraente». Piazza il sigillo, il suo: «Voglio aprire questo territorio alla visione globale». Di tutti.
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