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Corte di Cassazione, sezione III, ordinanza n. 29252 depositata il 13 novembre 2024 – Il danno patrimoniale da segnalazione indebita può essere oggetto anche di prova presuntiva, che, nel caso di un imprenditore, può investire ‹‹un peggioramento della sua affidabilità commerciale, essenziale anche per l’ottenimento e la conservazione dei finanziamenti, con lesione del diritto ad operare sul mercato secondo le regole della libera concorrenza››, mentre, per un qualsiasi altro soggetto, può consistere anche nella dimostrazione della maggiore difficoltà nell’accesso al credito #finsubito prestito immediato


Corte di Cassazione, sezione III, ordinanza n. 29252 depositata il 13 novembre 2024

si al risarcimento del danno subito per la segnalazione abusiva alla centrale rischi 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Il sig. H.E.A. conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Treviso, la società H.V.L. s.p.a. chiedendo che, previo accertamento della illegittimità delle segnalazioni effettuate in Centrale Rischi della Banca d’Italia, la convenuta fosse condannata al risarcimento dei danni.

Esponeva che, quale socio e amministratore, aveva prestato garanzia per il pagamento di canoni dovuti dalla società H.M. s.r.l. in relazione al contratto di locazione finanziaria da questa concluso con H.V.L. s.p.a. in data 31 gennaio 2008, avente ad oggetto un capannone sito nel Comune di Nove; dall’inizio del 2009 i pagamenti erano stati sospesi e poi interrotti nel mese di novembre dello stesso anno a causa della inutilizzabilità del bene; nell’aprile 2010 la convenuta aveva segnalato a sofferenza in Centrale Rischi la debitrice unitamente al fideiussore, di cui aveva indicato la mera qualità di garante, e, in data 22 ottobre 2012, la Camera Arbitrale presso la Camera di Commercio di Bolzano aveva depositato il lodo, che, definendo la controversia insorta tra la concedente e l’utilizzatrice, aveva riscontrato la presenza di vizi del bene oggetto di locazione, ritenuto giustificato il mancato pagamento dei canoni ai sensi dell’art. 1460 cod. civ. e, applicando la garanzia di cui all’art. 1492 cod. civ. in tema di vendita, aveva ridotto il corrispettivo dovuto in relazione al contratto di leasing da euro 885.000,00 ad euro 730.116,76. Successivamente, l’utilizzatrice aveva comunicato alla concedente la risoluzione del contratto, che veniva fatta propria dal curatore, a seguito di dichiarazione di fallimento della società.

Costituitasi la convenuta, la quale spiegava domanda riconvenzionale di risarcimento del danno derivante dall’asserito discredito subito in conseguenza del giudizio introdotto dall’attore, il giudice adito, accogliendo l’eccezione sollevata, dichiarava la propria incompetenza in favore del Tribunale di Bolzano e, a seguito di riassunzione del giudizio, con sentenza n. 687 del 2018, il Giudice di primo grado, dopo avere rilevato che con l’atto di riassunzione l’attore aveva limitato la domanda di accertamento della indebita segnalazione alla propria posizione di garante e non anche a quella dell’utilizzatrice, escludeva qualsiasi responsabilità risarcitoria della concedente sia perché l’indicazione del debito in sofferenza aveva riguardato soltanto la garantita e non anche l’attore, sia per difetto di prova del discredito commerciale asseritamente subito; disattendeva, altresì, la domanda riconvenzionale avanzata dalla convenuta per difetto di prova del danno e condannava l’attore al pagamento delle spese di lite ed ai sensi dell’art. 96, terzo comma, cod. proc. civ..

2. La sentenza, impugnata da H.E.A., è stata parzialmente riformata dalla Corte d’appello di Trento – Sezione distaccata di Bolzano – limitatamente alla condanna pronunciata in primo grado a carico dell’appellante ai sensi dell’art. 96, terzo comma, cod. proc. civ., ed è stata confermata per il resto, con condanna dello stesso appellante al pagamento di tre quarti delle spese di entrambi i gradi di giudizio.

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In sintesi, i giudici di secondo grado, dando atto che nessuna segnalazione era stata effettuata per la posizione del garante, hanno ritenuto di interpretare la domanda dallo stesso proposta nel senso che questi avesse inteso dolersi del pregiudizio derivatogli dall’accostamento del proprio nominativo alla posizione della debitrice principale, censita come inaffidabile, e, in particolare, di avere subito un danno ‹‹perché il demerito creditizio, indicato in difetto dei presupposti che lo giustificassero, avrebbe impedito alla debitrice di mantenere i propri affidamenti presso le banche ed i fornitori con conseguente  necessità  per  il  garante  di  far  fronte  alle  sue obbligazioni››; procedendo, quindi, ad accertare, alla luce della prospettata interpretazione della domanda, se l’utilizzatrice fosse stata ingiustamente segnalata al sistema creditizio e se l’attore avesse effettivamente subito un pregiudizio e tenendo presente l’esito del giudizio arbitrale – che aveva fatto emergere una inadempienza della stessa concedente dalla quale era scaturita la interruzione del pagamento dei canoni da parte dell’utilizzatrice – sono addivenuti ad affermare che il credito non avrebbe dovuto essere segnalato in Centrale Rischi proprio perché contestato, considerato che non risultavano dimostrate altre situazioni sintomatiche di uno stato di difficoltà economica della debitrice che la creditrice avrebbe dovuto valutare prima di effettuare la segnalazione. Passando poi ad esaminare le poste di danno di cui si chiedeva la riparazione (elencate a pag. 46 dell’atto di appello), hanno rilevato che l’appellante non aveva fornito prova diretta che le banche avessero cessato di finanziare la debitrice principale e chiesto il rientro degli affidamenti alla stessa accordati a causa della notizia della sua segnalazione in Centrale Rischi e, con riguardo alle spese di lite, stante la reciproca soccombenza parziale, hanno disposto la compensazione nella misura di un quarto delle spese di lite, ponendo a carico dell’appellante i restanti tre quarti.

3. H.E.A. propone due distinti ricorsi, di contenuto identico, ciascuno di essi fondato su due motivi, per la cassazione della suddetta sentenza.

H.V.L. s.p.a. resiste con controricorso e propone ricorso incidentale condiczionato, affidato a due motivi.

4. La trattazione è stata fissata in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis.1. cod. proc civ. e il ricorrente principale ha depositato memoria illustrativa.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Va pregiudizialmente disposta, ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ., la riunione del ricorso iscritto al n. 18321/2021 R.G. a quello iscritto al n. 17854/21 R.G., trattandosi di ricorsi proposti avverso la medesima sentenza.

Pur dovendosi dare atto che l’H.E.A. ha proposto due distinte impugnazioni, di identico contenuto, dalle quali sono poi scaturiti due ricorsi contraddistinti da diverso numero di iscrizione a ruolo, ciò non esclude l’ammissibilità delle stesse, alla luce della consolidata giurisprudenza di questa Corte, di recente ribadita dalle Sezioni Unite (Cass., sez. U, 28/03/2024, n. 8486), secondo la quale il principio della consumazione dell’impugnazione non esclude che, fino a quando non intervenga una declaratoria di inammissibilità, possa essere proposto un secondo atto di impugnazione, immune dai vizi del precedente, destinato a sostituirlo e relativo anche a capi della sentenza diversi da quelli oggetto del precedente atto di impugnazione (in senso conforme, si vedano, ex multis, Cass., sez. 6- 3, n. 14214 del 4/06/2018; Cass., sez. 6-5, n. 4754 del 28/02/2018; Cass., sez. 5, n. 4658 del 21/02/2020).

2. Con il primo motivo il ricorrente in via principale denunzia ‹‹Violazione o falsa applicazione delle norme di diritto ex art. 360 n. 3 c.p.c. con riferimento alla norma dell’art. 2043 c.c. e l’art. 116 c.p.c. circa la mancata prova del nesso eziologico tra l’indebita segnalazione e i danni subiti dal garante – con riferimento all’art. 2697 c.c. circa la ripartizione dell’onere probatorio tra le parti – con riferimento all’art. 2727 e 2729 c.c.››.

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Lamenta, in particolare, che la corte territoriale, pur reputando abusiva ed illegittima la segnalazione in Centrale Rischi, ha negato il richiesto risarcimento del danno per ritenuta insussistenza del nesso eziologico tra la condotta tenuta dalla concedente e l’evento prodotto, non  tenendo  conto  che  l’iscrizione  indebita  determinava  per  il soggetto ingiustamente segnalato un danno conseguente al peggioramento del proprio merito creditizio, con conseguenze gravi sull’accesso al credito e sul mantenimento in essere dello stesso.

Rappresenta che la corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto l’assenza di prova diretta della revoca degli affidamenti e della richiesta di rientro dei finanziamenti già erogati, sebbene tale circostanza fosse smentita dalla documentazione prodotta, dalla quale emergeva, al contrario, che Unicredit Banca s.p.a. aveva promosso azione recuperatoria — mediante richiesta di emissione di decreto ingiuntivo nei confronti della debitrice principale e del garante — che risaliva a periodo immediatamente successivo a quello della segnalazione “a sofferenza”; cosicché, secondo il principio del ‹‹più probabile che non››, era evidente la sussistenza di nesso di causalità tra l’evento dannoso, segnalazione a sofferenza del nominativo del debitore principale, ed il nocumento subito, ossia la repentina richiesta di ripianamento del debito ed il conseguente danno prodotto al garante segnalato.

Soggiunge che neppure il percorso argomentativo seguito dal giudice d’appello può trovare giustificazione nel fatto che la Curatela fallimentare di H.M. s.r.l. non avesse esercitato azione risarcitoria nei confronti della società concedente; la Curatela, seppure autorizzata dal Giudice delegato, si era limitata ad opporre in compensazione il danno accertato dal c.t.u. ai macchinari dell’utilizzatrice come conseguenza dell’inadempimento della concedente accertato dal lodo arbitrale e, in sede di ammissione al passivo fallimentare del credito vantato dalla società concedente, aveva opposto la compensazione. Evidenzia pure che le argomentazioni svolte per l’azione esperita da Unicredit Banca s.p.a. valgono anche per la Banca Popolare di Vicenza S.c.p.a., che aveva pure revocato i finanziamenti concessi ed intrapreso azione per il recupero del credito dopo avere diffidato, con lettera raccomandata, la debitrice principale ed i garanti a restituire le somme mutuate, anche in conseguenza dell’azione intrapresa da Unicredit Banca s.p.a.

3. Con il secondo motivo denunzia ‹‹omesso esame ex 360 n. 5 c.p.c. circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione al diniego dei danni patrimoniali e non››, per avere i giudici di appello ritenuto che il mero accostamento del nominativo del garante alla posizione della debitrice non avesse potuto arrecare un pregiudizio alla sua reputazione commerciale.

Evidenzia, sul punto, che, come emergeva dal documento prodotto (doc. 3 fascicolo d’appello), la Compass Banca s.p.a. aveva rifiutato l’erogazione di un prestito proprio perché il nome del garante era stato accostato a quello della società debitrice segnalata a sofferenza.

Lamenta, pure, che il giudice d’appello non si era pronunciato, neppure implicitamente, sul danno, patrimoniale e non, che egli aveva patito per la truffa ascrivibile alla concedente, la quale, pur essendo a conoscenza dei gravi vizi afferenti al capannone, poi concesso in locazione, non ne aveva informato l’utilizzatrice ed i garanti, così ponendo in essere una condotta idonea ad integrare un raggiro, quale elemento costitutivo della truffa contrattuale; in ragione della subita truffa aveva anche perduto le somme da lui versate alla debitrice principale a titolo di finanziamento socio per sostenere il progetto imprenditoriale, somme ottenute dalla vendita di altro immobile e da un prestito concessogli dal fratello F. H., che aveva agito in giudizio per ottenerne la restituzione.

4. Con il primo motivo la ricorrente in via incidentale condizionata società Vorarlberg Leasing s.p.a. denunzia ‹‹Violazione e falsa applicazione delle norme di diritto, ex 360, primo comma, n. 3, c.p.c. in relazione agli artt. 2043 c.c., 115 e 116 c.p.c. avendo la Corte d’appello ritenuto erroneamente che il credito verso il debitore H.M. s.r.l. non andava segnalato in Centrale Rischi, in quanto contestato, nonché nullità della sentenza impugnata ex art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. per motivazione apparente nella parte in cui si ravvisa nella sentenza un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile, con particolare riferimento al fatto che la sentenza ha dapprima ben individuato la nozione di contestazione del rapporto (in conformità alla Circolare BDI, quando cioè sia stata già adita un’autorità terza) e abbia poi smentito tale parametro, valorizzando gli esiti del successivo giudizio arbitrale››.

Evidenzia, al riguardo, che la sospensione del pagamento dei canoni di locazione era pretestuosa ed immotivata, dato che le spese riguardanti il mantenimento e la conservazione dell’immobile, in forza delle previsioni contrattuali, erano a totale carico dell’utilizzatrice e che, di conseguenza, la segnalazione in Centrale Rischi, che aveva seguito la formale messa in mora e la comunicazione di risoluzione del contratto, era del tutto legittima e costituiva atto dovuto secondo la buona prassi bancaria, non essendo l’intermediario tenuto a considerare ulteriori elementi di valutazione al fine di giustificare la segnalazione a sofferenza, essendo sufficiente il mero inadempimento del cliente nei suoi confronti, e ciò anche quando il credito era contestato; neppure era ammissibile trarre argomentazioni dal contenuto del lodo arbitrale, che era stato depositato a distanza di oltre due anni dalla segnalazione in Centrale Rischi.

5. Con il secondo motivo denunzia ‹‹Error in procedendo ex 360, primo comma, n. 4, c.p.c. in relazione agli artt. 163, 164 e 112 c.p.c. per essersi pronunciato il Giudice del gravame oltre i limiti della domanda attorea (ultrapetizione)››.

Evidenzia che nell’atto di riassunzione l’odierno ricorrente aveva abbandonato la domanda volta ad accertare che la segnalazione a sofferenza di H.M. s.r.l. fosse abusiva, limitando la richiesta al proprio nominativo, ed il Tribunale era pervenuto alla conclusione che H.E.A. fosse stato semplicemente indicato in Centrale Rischi quale garante della società debitrice principale, ma non era mai stato segnalato a sofferenza, per cui non sussistevano i presupposti per la cancellazione della segnalazione del garante, né per la domanda di risarcimento dei danni. Il giudice del gravame, con una interpretazione errata, riqualificando la domanda, aveva invece inteso che l’appellante si dolesse del pregiudizio derivatogli dall’accostamento del proprio nominativo alla posizione della debitrice principale, censito come inaffidabile, ma in tal modo la pronuncia resa aveva esorbitato dai limiti della domanda proposta, poiché aveva esteso l’accertamento alla presunta abusività della segnalazione in Centrale Rischi del debitore principale, sebbene tale domanda fosse stata abbandonata in primo grado.

6. Il primo motivo del ricorso principale è fondato. 

6.1 Il ricorrente si duole che la Corte d’appello, pur avendo reputato fondata la domanda di accertamento dell’abusività della segnalazione della debitrice principale H.M. s.r.l. in Centrale Rischi, abbia poi negato il risarcimento del danno, patrimoniale e non, benché risultasse dalla documentazione acquisita agli atti del giudizio ‹‹che il demerito creditizio segnalato in difetto dei presupposti che lo giustificassero avrebbe impedito a H.M. s.r.l. di mantenere i propri affidamenti presso banche e fornitori, costringendo il garante a far fronte alle sue obbligazioni››.

6.2 Secondo l’indirizzo espresso da questa Corte, in materia di responsabilità civile, il danno all’immagine «per illegittima segnalazione alla Centrale Rischi», in quanto costituente «danno conseguenza», non può ritenersi sussistente «in re ipsa», dovendo essere allegato e provato da chi ne domanda il risarcimento” (Cass., sez. 6-3, 28/03/2018, n. 7594).

Pertanto, nel giudizio di risarcimento del danno da illegittima segnalazione alla centrale dei rischi l’onere della prova si ripartisce secondo le regole ordinarie: trattandosi di illecito aquiliano, spetta all’attore dimostrare sia l’esistenza del danno, sia il nesso di causa tra condotta colposa del creditore e danno.

Si è, inoltre, precisato, che il danno patrimoniale da segnalazione indebita può essere oggetto anche di prova presuntiva, che, nel caso di un imprenditore, può investire ‹‹un peggioramento della sua affidabilità commerciale, essenziale anche per l’ottenimento e la conservazione dei finanziamenti, con lesione del diritto ad operare sul mercato secondo le regole della libera concorrenza›› (così, in motivazione, Cass., sez. 1, 09/07/2014, n. 15609), mentre, per un qualsiasi altro soggetto, può consistere anche nella dimostrazione della maggiore difficoltà nell’accesso al credito (Cass., sez. 3, 10/02/2020, n. 3133).

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6.3 Orbene, la corte territoriale, tenendo presenti i criteri di ripartizione dell’onere della prova sopra indicati, ha ritenuto che la documentazione prodotta dall’odierno ricorrente in punto di danno asseritamente patito non consentisse di affermare che questo si fosse posto quale conseguenza immediata e diretta della segnalazione, pervenendo alla conclusione che ‹‹l’appellante non avesse fornito la prova diretta che le banche avevano cessato di finanziare la debitrice principale e chiesto il rientro degli affidamenti già accordati perché avevano appreso della sua segnalazione in Centrale Rischi››.

A tale conclusione la corte di merito è invero pervenuta senza avere adeguatamente valutato, dandone congruamente conto, gli elementi di prova posti dalla ricorrente a supporto della proposta domanda di risarcimento dei danni.

Con specifico riferimento all’azione di recupero del credito attivata dalla società Unicredit s.p.a. nei confronti della debitrice principale, l’odierno ricorrente, garante, proprio al fine di avvalorare la sussistenza di nesso eziologico tra segnalazione indebita e richiesta di immediato rientro dai finanziamenti, la circostanza che l’istituto bancario, il mese successivo alla segnalazione “a sofferenza” del nominativo della debitrice principale H & H Maioliche s.r.l. alla Centrale rischi, aveva dapprima inviato una lettera raccomandata sollecitando il rientro dalla esposizione debitoria e, successivamente, aveva depositato un ricorso monitorio (da cui è poi scaturito il decreto ingiuntivo n. 926/2010 datato 30 settembre 2010) in cui si evidenziava che “né il debitore diretto né i fideiussori, invitati da Unicredit Banca s.p.a., con raccomandata a.r. 20.05.2010, a provvedere alla copertura della suddetta esposizione debitoria, hanno ottemperato all’invito” e, a sostegno della formulata richiesta di concessione della provvisoria esecuzione ex art. 642 cod. proc. civ., che ‹‹….la società H & H Maioliche s.r.l. è (era) appostata a sofferenze presso il sistema bancario per euro 792.000,00…››.

Tali evidenze documentali si pongono in evidente contrasto con la ratio della decisione impugnata, che ha ritenuto non fornita ‹‹la prova diretta che le banche avevano cessato di finanziare la debitrice principale e chiesto il rientro dagli affidamenti già accordati perché avevano appreso della sua segnalazione in Centrale Rischi›› (pag. 47 della motivazione), poiché la Corte d’appello ha trascurato di prendere in considerazione la vicinanza temporale tra la segnalazione a sofferenza e la revoca del finanziamento, con conseguente richiesta di rientro dall’esposizione debitoria, avanzata da Unicredit s.p.a., e, quindi, di rilevare che l’iscrizione nella Centrale Rischi aveva determinato per il soggetto segnalato quanto meno l’impossibilità di continuare ad utilizzare le linee di credito in precedenza concesse e, a cascata, ha omesso di valutare il pregiudizio prodotto all’odierno ricorrente, che, rivestendo la qualità di socio ed avendo prestato fideiussione, ha dovuto far fronte con il proprio patrimonio alle richieste dei creditori, in difetto di pagamento da parte della debitrice principale.

Ponendo, invece, a fondamento del decisum la circostanza, ricavata dagli esiti del lodo arbitrale, che la utilizzatrice, per un considerevole lasso di tempo, ossia dal 2008 al 2010, non aveva potuto esercitare regolarmente la propria attività produttiva, in assenza di un idoneo stabilimento ove poterla svolgere, ciò che avrebbe alla stessa impedito di poter conseguire sin dall’inizio della sua costituzione ‹‹regolari flussi di cassa necessari per sostenere l’esposizione debitoria assunta nei confronti delle banche››, la Corte d’appello neppure ha fatto buon governo delle regole in materia di prova presuntiva, poiché ha valorizzato un elemento indiziario che non può, da solo, confermare l’assunto che la utilizzatrice, alla data della segnalazione alla Centrale Rischi, presentasse una situazione patrimoniale apprezzabile come “deficitaria” e non fosse, pertanto, nelle condizioni di puntualmente adempiere alle proprie obbligazioni, né tanto meno può valere ad escludere il nesso di causalità tra l’evento dannoso, segnalazione “a sofferenza”, e la repentina richiesta di ripianamento del debito avanzata da Unicredit s.p.a.

Di contro, fermo restando che il danno subito in conseguenza della segnalazione a sofferenza ben può essere provato anche a mezzo di presunzioni, è evidente che agli atti del giudizio emergono indizi da cui poteva dedursi il nesso di causalità tra la segnalazione e la revoca degli affidamenti in precedenza concessi alla debitrice principale e del conseguente pregiudizio risentito dal ricorrente, essendo tra la segnalazione e la revoca degli affidamenti intercorso un breve lasso di tempo (Cass., sez. 3, 21/10/2022, n. 31137; Cass., sez. 3, 25/09/2023, n. 27262; sulla rilevanza, nel ragionamento presuntivo, di specifiche circostanze da cui inferire il pregiudizio allegato cfr. Cass., sez. U, 15/11//2022, n. 33659; Cass., sez. U, 15/11/2022, n. 33645; sul doveroso apprezzamento, non isolato bensì complessivo ed organico dei singoli elementi indiziari o presuntivi a disposizione cfr. Cass., 20/06/2019, n. 16581).

7. Merita accoglimento anche il secondo motivo del ricorso principale. 

La Corte d’appello, al fine di negare il chiesto risarcimento del danno non patrimoniale, si è limitata ad affermare: ‹‹è documentato che l’appellante non è stato segnalato come debitore in sofferenza essendo stata censita come tale solo la società da lui garantita. Il mero accostamento del suo nominativo alla posizione della debitrice non è idoneo a compromettere la sua reputazione commerciale. Infatti, l’indicazione che era attiva la garanzia da lui prestata senz’altra ulteriore annotazione non suggerisce di per sé la conclusione che egli fosse un “cattivo pagatore”. Induce piuttosto ad escludere ogni dubbio sulla sua capacità patrimoniale di far fronte ai debiti della garantita in sofferenza…››.

Il percorso argomentativo seguito non tiene conto della documentazione prodotta dal ricorrente – ed in particolare delle lettere della Compass Banca s.p.a. del 6 dicembre 2018 (doc. 3 del fascicolo di appello) e del Credito Valtellinese del 17 dicembre 2018 (doc. 4 del fascicolo d’appello) – volta a dimostrare che è stata rifiutata l’erogazione di un prestito per essere il garante accostato al debitore segnalato “a sofferenza”, benché detta documentazione potesse essere rilevante ai fini dell’accertamento del pregiudizio alla reputazione lamentata dallo stesso garante; cosicché risultano integrate le condizioni in base alle quali questa Corte ha evidenziato che il mancato esame di un documento può essere denunciato per cassazione qualora determini l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, essendo state indicate “le ragioni per le quali il documento trascurato avrebbe senza dubbio dato luogo a una decisione diversa” (Cass., sez. 3, 26/06/2018, n. 16812; Cass., sez. 5,  05/12/2014, n. 25756; Cass., sez. L, 04/03/2014, n. 4980; Cass., sez. 1, 07/03/2011, n. 5377; Cass., sez. 3, 17/05/2007, n. 11457).

8. All’accoglimento nei suindicati termini del ricorso principale consegue, assorbiti ogni altra questione e diverso profilo nonché il ricorso incidentale, la cassazione in relazione dell’impugnata sentenza, con rinvio alla Corte d’Appello di Trento, che in diversa composizione procederà a nuovo esame.

Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso principale nei termini di cui in motivazione, assorbiti ogni altra questione e diverso profilo nonché il ricorso incidentale. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Trento, in diversa composizione.



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