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Armi d’Europa, si comincia: primi 300 milioni, ma i miliardi sono dietro l’angolo #finsubito prestito immediato


Mentre l’Europa degli stati si prepara a Trump e aumenta i budget nazionali della difesa come chiede la Nato, l’Unione europea finanzia gli armamenti mettendo soldi in appalti destinati ad acquisti nel settore militare.

Per adesso Bruxelles stanzia 300 milioni di euro. Pochi soldi a fronte di un settore che per andare a regime richiederebbe decine di miliardi. Ma l’azione della Commissione, presentata giovedì scorso a Bruxelles e denominata Edirpa è significativa perché rappresenta il primo finanziamento di questo genere.

Il nuovo programma a sostegno di appalti comuni tra diversi paesi assegna 60 milioni a 5 progetti, per acquistare sistemi di difesa missilistica aerea, munizioni, carri armati. È coinvolta anche l’Italia che produrrà proiettili da 155mm insieme a Paesi Bassi, Polonia, Lettonia, Danimarca e Ungheria.

È dall’invasione dell’Ucraina che i leader Ue indicano la strada dell’economia di guerra per il Vecchio continente. Da allora Bruxelles si è arrovellata su come coordinare e finanziare il settore dell’industria bellica, in cui ogni stato europeo è andato per sé.

Nel 2017 era partito il Fondo europeo per la Difesa (circa 8 miliardi spalmati su altrettanti anni), con cui la Commissione Ue mirava a migliorare la ricerca nel settore militare. Ma è nell’estate 2022 che l’esecutivo Ue propone di istituire un ulteriore strumento «per rafforzare l’industria bellica europea mediante appalti comuni».

L’approvazione da parte dei ministri Ue è arrivata poco più di un mese fa. Così Edirpa, il nuovo regolamento, va ad affiancare Asap, l’atto di supporto da 500 milioni di euro all’industria militare dell’Unione, varato nel 2023 e destinato favorire la produzione di munizioni per Kiev.

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Ma è l’obiettivo di Edirpa, cioè quello di incentivare gli Stati a fare acquisti comuni per la difesa, a renderlo un primo passo verso l’unione militare. «Tutto questo porta l’Europa lontana dal suo progetto di pace», spiega al manifesto Marc Botenga, europarlamentare del gruppo The Left e membro della Sede, la sottocommissione Sicurezza e Difesa dell’Eurocamera. «Se fa la scelta di utilizzare fondi pubblici per le armi e non per progetti sociali», continua il politico belga, «l’Ue contraddice i suoi stessi trattati, che vietano di utilizzare risorse per politiche di guerra». Non a caso la Commissione ha fatto passare questi provvedimenti sotto l’etichetta dello sviluppo industriale.

«Se l’Ue fa la scelta di utilizzare fondi pubblici per le armi e non per progetti sociali contraddice i suoi stessi trattati, che vietano di utilizzare risorse per politiche di guerra»Marc Botenga, europarlamentare del gruppo The Left e membro della Sede, la sottocommissione Sicurezza e Difesa dell’Eurocamera

Così l’Ue si arma, provando a far crescere le industrie militari nazionali e la cooperazione senza frontiere per poi magari arrivare a creare in futuro un grande consorzio bellico europeo. «La direzione è quella di trasferire sempre più fondi verso il comporto militare», continua l’europarlamentare Left, citando il recente rapporto sulla preparazione civile e militare dell’Ue messo a punto dall’ex presidente finlandese Sauli Niinisto su richiesta di Ursula von der Leyen.

Le cifre modeste di oggi non devono ingannare, conferma Botenga. All’inizio di quest’anno, l’ex commissario al mercato interno Thierry Breton aveva proposto di stimolare la produzione bellica europea con un fondo da 100 miliardi, anche se poi non se ne è fatto nulla. Il commissario designato alla difesa Andrius Kubilius progetta adesso lo scudo aereo Ue che da solo costa 500 miliardi. Presto si discuterà di un piano più strutturale, lo European Defence Investment Programme (Edip), magari con gli auspici del semestre di presidenza polacca (inizio il 1 gennaio), che indica nella difesa comune una delle sue priorità.

Resta la possibilità della messa in circolo di «fondi inutilizzati», a cui la Commissione Ue fa riferimento. Indiziati sia il Recovery (Pnrr) che i soldi per la politica di coesione. Quest’ultima, che ha l’obiettivo di ridurre le differenze tra le regioni Ue, spesso non riesce a spendere le risorse a sua disposizione. Tutti soldi che dovrà gestire Raffaele Fitto, se diventerà commissario, e si può immaginare seguendo quale agenda. In linea di principio, i finanziamenti bellici tramite coesione sono consentiti solo per prodotti dual use a prevalente utilizzo civile. Sempre però che la modalità militare non contribuisca agli scopi dello sviluppo locale. E la tentazione di usare questo escamotage è forte.



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