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Vita da docenti, lezione frontale o classe capovolta tra rivoluzione e tradizione #finsubito prestito immediato


Negli ultimi dieci anni, la scuola italiana ha vissuto una rivoluzione silenziosa ma significativa, passando dalla tradizionale lezione frontale alla classe capovolta, superando la centralità dell’aula e della cattedra. Questo cambiamento ha coinvolto un numero crescente di insegnanti, dirigenti, studenti e famiglie anche se la lezione frontale rappresenta ancora, per tanti motivi, uno dei punti di forza dell’insegnante.

Lezione frontale o classe capovolta?

L’approccio all’insegnamento scolastico continua ad essere protagonista di un dibattito acceso tra innovazione e tradizione. L’ex ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, qualche anno fa, portò avanti una vera e propria crociata basata sull’importanza di promuovere nuove metodologie didattiche che superassero il modello tradizionale basato sulla lezione frontale. La visione di Bianchi puntava a un’educazione più interattiva e meno centrata sull’insegnamento trasmissivo.

La querelle Bianchi-Galimberti su innovazione didattica e lezione frontale

Una visione, quella dell’ex ministro, che fu oggetto di contestazione. Il filosofo Umberto Galimberti non esitò a lanciare un grido d’allarme in relazione all’uso del termine “innovazione” applicato alla didattica. Galimberti, in quell’occasione, difese la lezione frontale, ritenendola essenziale per mantenere l’autorità dell’insegnante, che è fondamentale per gli studenti. Galimberti sottolineò che l’autorità non deriva dal ruolo del docente, ma dal valore che gli studenti riconoscono al professore. Inoltre, ribadì la sua contrarietà all’uso eccessivo dei mezzi digitali nella didattica, sostenendo che questi strumenti sono già ampiamente utilizzati dai ragazzi, quasi come se fossero un’estensione del loro corpo.

Questo dibattito, a distanza di qualche anno, è ancora vivo, continuando a contrapporre le diverse opinioni sull’efficacia delle metodologie didattiche moderne rispetto a quelle tradizionali. Mentre c’è chi spinge verso un’educazione innovativa e interattiva, altri invitano alla prudenza, sottolineando l’importanza della lezione frontale e del ruolo centrale dell’insegnante nell’educazione.

Il commento di un docente sulla lezione frontale

A proposito di questo dibattito, è interessante il commento postato da un docente su uno dei gruppi Facebook più numerosi, Professione Insegnante. Il commento intende rispondere a un post provocatorio riguardante la lezione frontale.  

“Ho visto che oggi c’era un post provocatorio sulla lezione “frontale” ed ho letto in alcuni post una sorta di stizza di alcuni. Porto la mia esperienza – scrive il docente. La lezione “frontale” è stata sempre per me un punto di partenza importante non solo per spiegare qualcosa che poi si sarebbe tradotto in compito di realtà, ricerca o altro ma la porta con cui aprire la curiosità degli alunni, stimolarli alla bellezza delle cose che si stanno per conoscere e affrontare.
Nella lezione frontale si può sorprendere l’animo, l’intelligenza e la coscienza degli alunni e aprire a un nuovo percorso cogliendo in lui la volontà di voler andare fino in fondo e aprire quelle scatole dei segreti che piano piano gli si pone davanti”.

“Talvolta è vero ciò che diceva il post provocatorio – prosegue il docente – cioè che molti sfuggono alla lezione frontale perché è più semplice porre una scheda, un lavoro e in più permette di gestire meglio la classe a livello comportamentale. Io ho avuto diversi colleghi più anziani che mi dicevano “falli lavorare” oppure “dagli qualcosa da fare” ma così gli alunni non acquistano capacità di ascolto, riflessione, attenzione e divengono ciò che vuole il sistema oggi, gli uomini che lavorano senza pensare. Per chi non ci crede basta guardare l’articolo pubblicato su Bill Gates e l’intelligenza artificiale che sostituisce l’insegnante, sintomo di una volontà di avere non insegnanti ma formatori di professioni o meglio operai specializzati”.

“La lezione “frontale” ha il potere di spostare gli equilibri verso un livello culturale più alto, verso la capacità di dare alle menti la via della propria esperienza critica, riflessiva, creativa. Faccio un esempio: raccontare la storia di un uomo che ha inventato qualcosa dal nulla o dal poco apre nei bambini e nei ragazzi la fiducia che si può fare qualcosa di grande e di buono e di bello. Perdonatemi se mi sono permesso ma volevo porre questa riflessione per non demonizzare qualcosa che la didattica odierna non solo demonizza e fa passare per tediosa e inutile”.



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