Attacchi parassitari e stress climatici ipotecano la nuova campagna stimata in calo del 32% a quota 224mila tonnellate. L’Italia scivola al quinto posto della classifica produttiva globale. Il ruolo delle norme Ue sull’origine e il nuovo decreto per tutelare il Made in Italy e la trasparenza della filiera.
Stress climatici, attacchi parassitari e malattie lasciano un’altra pesante ipoteca sull’oliveto Italia. La riduzione della produzione, nella campagna 2024-25, in controtendenza rispetto alla dinamica prevista in altri paesi, Spagna in primis, potrebbe influenzare significativamente gli equilibri del mercato europeo, limitando le spinte deflattive sui prezzi al consumo, già oggi ai massimi storici.
L’Italia, considerati i bassi volumi di produzione attesi nella campagna 2024-25, aumenterà verosimilmente il ricorso al prodotto estero per soddisfare la domanda interna, mentre la Spagna e altri paesi produttori, anche extra-europei, potrebbero rafforzare le loro quote di mercato cross border, sfruttando all’estero una leva competitiva che l’Italia non potrà invece attivare per insufficienti masse critiche.
La campagna olivicola si presenta dunque in salita per le imprese nazionali, a fronte di una significativa riduzione della produzione e di un conseguente prevedibile impatto sulle quotazioni e sugli equilibri di mercato.
Il persistere di prezzi elevati potrebbe spingere i consumatori a orientarsi verso oli di qualità inferiore o addirittura verso alternative più economiche. Si consideri che in Spagna i forti rincari degli oli di oliva hanno già dirottato gli acquisti verso gli oli di girasole che nei primi sei mesi di quest’anno (dati Anierac, imbottigliatori spagnoli di oli commestibili) hanno raggiunto un quantitativo di 179 milioni di litri, ben oltre i 107 milioni degli oli d’oliva.
Tornando alla produzione, le stime Ismea, realizzate in collaborazione con Unaprol, indicano, in ambito nazionale, un volume di circa 224mila tonnellate, in calo del 32% rispetto alla campagna precedente. Un risultato che vedrebbe l’Italia scivolare al quinto posto nel ranking dei produttori mondiali, non solo dietro la Spagna, leader assoluto, ma anche alle spalle di Grecia, Tunisia e Turchia.
Una campagna pesantemente pregiudicata dal clima, con siccità e caldo torrido che hanno compromesso i raccolti di olive soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno, in particolare in Puglia (-30%), Calabria e Sicilia.
Nel più ampio contesto europeo, la Spagna dovrebbe risalire la china dopo due annate complesse. Le stime indicano una produzione compresa tra 1,3 e 1,4 milioni di tonnellate (+58%), grazie alle migliori condizioni climatiche. Anche in Grecia e Tunisia le prospettive sono favorevoli, con produzioni che le indicazioni preliminari – basandosi sulla parte centrale dei range di stima – certificano rispettivamente a 250mila (+61%) e a 315mila tonnellate (+58%). In Turchia la previsione è di 340mila tonnellate, un risultato che se confermato determinerebbe una crescita di oltre il 60% anno su anno.
A livello globale, il Consiglio oleicolo internazionale (Oiv) stima un quantitativo di circa 3,1 milioni di tonnellate, contro i 2,5 milioni del 2023-24 (+23%), con i paesi dell’Ue che dovrebbero realizzare, stando alle previsioni della Commissione europea, una produzione di oltre 2 milioni di tonnellate (+32% sulla scorsa stagione).
Quello degli oli di oliva è un settore fortemente regolamentato nell’Unione europea. La normativa stabilisce i requisiti specifici da riportare in etichetta, prevedendo l’obbligatorietà dell’indicazione della denominazione del prodotto in base alla sua categoria (extravergine, vergine, ecc.) e del paese di origine dell’olio, per esempio “100% italiano”; “Origine Ue” o “Miscela di oli Ue e non Ue”, nel caso di provenienza da più Paesi, anche extra comunitari. Sono facoltative invece le indicazioni in etichetta dei metodi di estrazione, del grado di acidità, delle varietà delle olive e delle certificazioni di qualità. Un sistema, quello delle Dop-Igp, che nel settore coinvolge oltre 22mila produttori e il 15% della superficie olivicola, ma che rappresenta appena il 4% della produzione.
Un recente decreto ministeriale, emanato lo scorso settembre, ha imposto inoltre in Italia l’obbligo di registrazione nel Sian (Sistema informativo agricolo nazionale) delle consegne di olive ai frantoi da parte dei commercianti, registrazione che dovrà avvenire entro il termine di sei ore dall’avvenuta cessione ai commerciali da parte degli olivicoltori. Questa misura, la cui entrata in vigore è prevista dal primo luglio 2025, mira a garantire una maggiore trasparenza e tracciabilità nella filiera olivicola, contrastando possibili frodi e tutelando la qualità dell’olio d’oliva italiano.
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