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Crisi dei gruppi: le modifiche del Correttivo ter #finsubito prestito immediato


Il presente contributo analizza le modifiche apportate dal Decreto Correttivo ter alla disciplina del Codice della Crisi in materia di crisi dei gruppi di imprese.


1. Premessa. La definizione di gruppo di imprese nel CCI

È stato recentemente pubblicato in G.U. n. 227 del 27 settembre 2024 il D. Lgs. del 13 settembre 2024, n. 136 (c.d. “correttivo ter”), che ha apportato una serie di modifiche al Codice della Crisi e dell’Insolvenza, tra le quali si evidenziano, per quanto qui d’interesse, quelle relative alla disciplina dei gruppi di imprese.

Come noto, la disciplina dei gruppi d’impresa fa il suo ingresso nella legislazione della crisi con il D. Lgs. del 12 gennaio 2019 n. 14 (“CCI”), che ha introdotto una definizione di gruppo di imprese e un corpus di disposizioni atte a regolare la crisi e l’insolvenza dei gruppi di società.

La definizione introdotta dal legislatore, seppur lontana dal definire una volta per tutte i problemi di carattere “definitorio”, poggia sulla disciplina della direzione e coordinamento prevista dal Capo XI, Libro V, cod. civ. e, in particolare, fa riferimento all’art. 2497 cod. civ., che imputa una responsabilità diretta alle società e agli enti che abusano del proprio ruolo di controllante, in spregio del più alto principio di corretta gestione societaria e imprenditoriale. Tale responsabilità pare si possa estendere, in via analogica, anche alla violazione dei doveri di prevenzione della crisi del gruppo[1].

È prevista, inoltre, a sostegno pratico del più “concettuale” assunto della direzione e coordinamento, la presunzione dell’esercizio di tale attività da parte della società del gruppo che, ai sensi del D. Lgs. 127/1991[2], sia tenuta alla redazione del bilancio consolidato.

In tal senso, per l’applicazione della suddetta presunzione – che pare essere finalizzata, peraltro, ad agevolare l’accesso agli strumenti e procedure “di gruppo”[3] – il perimetro applicativo viene fornito dal combinato disposto dell’art. 25 del D. Lgs. 127/1991 e dell’art. 2359 cod. civ. il quale radica il presupposto di tale presunzione, alternativamente: a) sulla disponibilità della maggioranza di voti esercitabili nella assemblea ordinaria; b) sulla disponibilità di voti sufficienti ad esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria; c) sulla sussistenza di un’influenza dominante in virtù di particolari vincoli contrattuali[4].

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Ma vi è di più.

Il legislatore, oltre ad aver offerto agli operatori del settore la definizione di un fenomeno giuridico-organizzativo dell’attività d’impresa accennato nel cod. civ., ha allargato la pletora della possibile casistica, prevedendo non più soltanto le persone giuridiche e gli enti a capo del gruppo ma, bensì, anche le persone fisiche.

Giova sottolineare, inoltre, come il legislatore non si sia speso soltanto nella definizione del suddetto fenomeno giuridico ma abbia, inoltre, operato un distinguo di carattere dimensionale, definendo anche i c.d. “gruppi di imprese di rilevante dimensione”. Ciò, primariamente, al fine di ricollegarsi alle previsioni relative alla competenza per materia e per territorio di cui all’art. 27 CCI.

Tutte queste previsioni, tuttavia, seppur innovative e, dunque, atte a diventare oggetto di ulteriori affinamenti, non sono state modificate dal c.d. “correttivo ter”, portando in tal modo una sedimentazione concettuale e, forse, operativa del concetto di gruppo in crisi nonché della sua regolazione.

2. Le modifiche apportate dal decreto correttivo in materia di Gruppi di imprese: principi generali

Le modifiche del c.d. “correttivo ter in merito alla disciplina della crisi e dell’insolvenza dei gruppi di imprese hanno attinto, prevalentemente, il Titolo VI, lasciando in tal modo quasi del tutto inalterata la disciplina della Composizione Negoziata di gruppo. Ciò al netto delle previsioni contenute nell’art. 25 CCI, il quale prevede una disciplina ad hoc per la conduzione delle trattative in caso di gruppo di imprese.

Le suddette modifiche del Titolo VI, sebbene abbiano avuto un impatto moderato sulla previgente disciplina generale e siano rimaste nel solco tracciato dal principio del “separate entity approach”, espresso dal regolamento UE 2015/848, hanno individuato con maggior precisione la “natura” dei piani di risanamento, denominati ora anche “coordinati”, ed esteso l’applicabilità della disciplina del concordato in continuità nel caso di gruppi di imprese. Il tutto sempre seguendo la stella polare del “miglior soddisfacimento dei creditori[5].

Come accennato, infatti, anche in ossequio al principio generale della responsabilità patrimoniale di cui all’art. 2740 cod. civ., quest’ultimo correttivo ha tenuto saldi i principi in materia di considerazione atomistica delle società del gruppo ed è intervenuto sul piano delle norme organizzative e di coordinamento delle attività degli organi della procedura, nel pieno rispetto della separazione delle masse patrimoniali delle singole imprese del gruppo[6].

Sul punto, giova però ricordare l’importanza di tenere a mente le dinamiche societarie intercorrenti tra imprese appartenenti allo stesso gruppo, tali per cui la valutazione del peso economico-giuridico delle singole società non possa prescindere dalla valutazione complessiva del gruppo nel suo insieme, e viceversa. Al riguardo, vale evidenziare la posizione del ceto creditorio rispetto a tali dinamiche, il quale ha intessuto, sin prima dell’apertura di qualsivoglia procedura a carico della società, rapporti giuridici ed economici con un soggetto appartenente a una entità più estesa e complessa (il gruppo, appunto) ma che, dopo l’apertura della procedura, dovrà interfacciarsi con la massa della singola società.

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Nei capitoli seguenti vengono riportate le modifiche apportate dal correttivo alla previgente disciplina del CCI.

3. La qualifica dei piani: da “interferenti” a “coordinati”

Come accennato in premessa, il correttivo ter ha modificato principalmente le disposizioni inerenti all’organizzazione procedurale, lasciando invariati i principi cardine della materia.

In primis, è stata modificata la qualificazione dei piani di risanamento presentanti dalle società che accedono a una procedura di gruppo, sostituendo l’aggettivo “interferenti” con “coordinati”. Tali piani rappresentano, infatti, l’alternativa codicistica prevista alla presentazione di un piano unico di gruppo (art. 284 CCI) e devono presentarsi con unico ricorso, fatto salvo l’obbligo, in capo al debitore, di giustificare in termini di convenienza della scelta fatta a monte.

Tale modifica è dettata, come si evince anche dalla relazione illustrativa, dalla volontà del legislatore di allineare il testo della norma con la ratio della presentazione di più piani, la quale si incarna in una azione armonica piuttosto che nella reciproca interferenza di questi ultimi.

4. L’ampliamento dell’applicazione della disciplina del concordato in continuità

È previsto altresì, dal novellato art. 285 CCI, un ampliamento dell’applicazione della favorevole disciplina del concordato in continuità, qualora risulti che i creditori delle imprese del gruppo risultino essere soddisfatti anche in misura non prevalente dal ricavato prodotto della continuità aziendale.

Risulta chiara la cesura rispetto al passato, in cui la norma previgente prevedeva l’applicazione di tale disciplina soltanto qualora i creditori fossero soddisfatti soltanto in misura prevalente.

5. La possibilità di accedere al concordato preventivo nella liquidazione giudiziale di gruppo

Giova segnalare che il correttivo, mediante l’aggiunta del comma 4-bis all’art. 240 CCI, ha previsto espressamente la possibilità di presentare domanda di concordato “di gruppo” all’interno di una procedura di liquidazione giudiziale unitaria (ex art. 287 CCI).

L’accesso a tale procedura potrà essere fatto mediante presentazione di una unica domanda, di più domande tra loro coordinate o con domanda autonoma per ogni singola impresa facente parte del gruppo.

Nello specifico, nel caso di presentazione di domanda unica ovvero di più domande coordinate, le parti istanti dovranno illustrare (rectius, giustificare) le ragioni della maggior convenienza, per il ceto creditorio, rispetto alla scelta della presentazione di una domanda autonoma.

Sempre per quanto concerne il concordato di gruppo, è stato altresì aggiunto all’art. 286 CCI il comma 6-bis, il quale dispone che, per l’omologazione del concordato di gruppo devono sussistere, per ciascuna impresa, i requisiti previsti agli articoli 48 (Procedimento di omologazione) e 112 (Giudizio di omologazione) CCI.

6. La liquidazione giudiziale di gruppo

Fatta salva la disciplina previgente, per quanto concerne la regolazione della liquidazione giudiziale di gruppo, rispondente al principio del miglior soddisfacimento dei creditori, il legislatore ha previsto la facoltà che il tribunale possa, in ogni momento, disporre la frammentazione della liquidazione giudiziale unitaria prevista dall’art. 287, comma 1, nominando, contrariamente a quanto fatto in sede di apertura della liquidazione unitaria, distinti curatori e giudice delegato per ogni procedura istituita per le singole società facenti parte del gruppo (se ciò non è stato fatto precedentemente, in ossequio alle specifiche ragioni di cui all’art. 287, comma II.)

Quanto sopra, nel caso in cui emergano conflitti di interessi tra le diverse imprese del gruppo ovvero conflitti tra le ragioni dei rispettivi creditori.

Anche tale previsione risponde, segnatamente, all’impostazione atomistica del CCI nei confronti della compagine delle imprese facenti parte del gruppo, ai sensi della quale l’eventualità della liquidazione giudiziale unitaria pare rimanere residuale e ipotetica; tanto residuale che, oltre a ribadire il rispetto del principio dell’autonomia delle masse passive, il legislatore si è premurato di prevedere esplicitamente l’ipotesi di una fratturazione “endo-procedurale” del gruppo.

7. L’intervento sulla postergazione dei finanziamenti infragruppo

Il legislatore del terzo correttivo, inoltre, per quanto riguarda gli interventi in merito alla disciplina dei finanziamenti infragruppo, è intervenuto elidendo dall’art. 292 CCI, almeno formalmente, la previsione che determinava l’applicazione del regime della postergazione anche ai finanziamenti c.d. upstream, compiuti, cioè, dalle società controllate nei confronti della controllante.

Per fare ciò, il novellato articolo in oggetto non riporta più la dicitura “o che queste ultime vantano nei confronti dei primi”.

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Tale precisazione, ora eliminata, era stata accolta con favore degli interpreti e dagli “addetti ai lavori” poiché risolutiva dei contrasti che si erano andati creando nell’interpretazione dell’art. 2497-quinques cod. civ., i quali avevano avuto a oggetto l’ipotetica applicazione estensiva della norma. In particolare, infatti, con tale precisazione, il legislatore aveva espressamente previsto l’applicazione della postergazione non solo ai finanziamenti c.d. downstream ma anche ai finanziamenti c.d. upstream.

8. Il trattamento dei crediti tributari e contributivi nella disciplina dei gruppi societari

L’art. 44 comma 2 del correttivo ter, inserendo nel CCI l’art. 287-bis, prevede che le società appartenenti al medesimo gruppo possano presentare, nell’ambito del concordato preventivo, degli accordi di ristrutturazione e del piano di ristrutturazione soggetto a omologazione, proposte unitarie finalizzate al trattamento dei crediti tributari e contributivi.

Al tal fine, è prevista una articolata disciplina in merito alla competenza degli uffici competenti a ricevere la proposta unitaria.

In particolare, nel caso in cui, come spesso accade, le imprese facenti parte del gruppo abbiano differente domicilio fiscale, la proposta unitaria dovrà essere indirizzata all’ufficio competente per la società, ente o persona fisica che esercita la direzione ed il coordinamento del gruppo, in base alla pubblicità prescritta dall’art. 2497-bis.

Nel caso in cui il criterio poc’anzi citato non possa trovare applicazione, risulta essere competente a ricevere tale domanda l’ufficio competente per l’impresa che, alla data di presentazione della proposta unitaria, presenta la maggiore esposizione debitoria nei confronti di ciascun ufficio.

Giova sottolineare che, anche in questa sede, il legislatore ribadisce il rispetto, seppur in relazione ai crediti tributari, del principio generale dell’autonomia delle masse attive che, come visto in precedenza, informa tutta la disciplina della regolazione della crisi in materia di gruppi di società.

 

[1] Sul punto, si veda: Fabrizio Guerrera, La Regolazione Negoziale della Crisi e dell’insolvenza dei Gruppi Di Imprese nel nuovo ccii, in Diritto Fallimentare e delle Società Commerciali, 6/2020, pag. 1322.

[2] Decreto Legislativo 9 aprile 1991, n. 127, recante l’attuazione delle direttive n. 78/660/CEE e n. 83/349/CEE in materia societaria, relative ai conti annuali e consolidati, ai sensi dell’art. 1, comma 1, della legge 26 marzo 1990, n. 69.

[3] Sul punto, si veda: N. Abriani, La disciplina dei gruppi di imprese nel Codice della crisi e dell’insolvenza, in Diritto della Crisi, 10 novembre 2022. Di senso parzialmente contrario: L. Benedetti, La liquidazione giudiziale di gruppo: una prima pronuncia giurisprudenziale, in Il fallimento 3/2023 p. 386: “Al proposito, si è sostenuto che le due presunzioni in esame sono in concreto prive di utilità, quantomeno rispetto alle imprese del gruppo. Tale tesi assume che l’apertura di una procedura unitaria sia rimessa esclusivamente alla scelta pienamente discrezionale delle componenti del gruppo, per cui siffatta eventualità si realizzerebbe solo a fronte di un’autodichiarazione di esistenza di un legame di gruppo resa dalle società che chiedono di essere assoggettate alla procedura unitaria. Il ricorso alle presunzioni dovrebbe servire, pertanto, non a provare l’esistenza del gruppo – dichiarata dalle società che ne fanno parte – a fronte della domanda di ammissione a un concordato unitario, ma piuttosto – utilizzandole a contrario, ossia asserendo la mancanza nel caso concreto dei fatti su cui si fondano – all’autorità giudiziaria richiesta dell’apertura di una procedura unitaria al fine di contestare l’esistenza della direzione e coordinamento, oppure ai creditori opponenti che temano di avere dalla procedura unitaria vantaggi minori rispetto all’apertura di una procedura individuale per la società loro debitrice. Sebbene al proposito si ritenga ben poco realistico che si riesca a demolire l’autodichiarazione – avente in sostanza valore confessorio – di sussistenza del vincolo di direzione e coordinamento effettuata dalle imprese istanti per l’apertura della procedura unitaria stessa”.

[4] Cfr.: G. Racugno, I Gruppi di Imprese nella Regolazione della Crisi e dell’Insolvenza. Appunti, in Il diritto fallimentare e delle società commerciali, 6/2020.

[5] Per una interessante analisi in merito, si veda: G. Meo, L. Panzani: Procedure Unitarie “Di Gruppo” Nel Codice Della Crisi, Un “contrappunto” di Giorgio Meo e Luciano Panzani, in Ilcaso.it.

[6] Sul punto, si veda: L. Benedetti, La liquidazione giudiziale di gruppo: una prima pronuncia giurisprudenziale, in Il fallimento 3/2023, p. 386: “La nuova disciplina appare sostanzialmente ispirata a due idee di fondo: per un verso, quella di consentire e regolare lo svolgimento unitario delle diverse procedure – di concordato o di liquidazione giudiziale, così come degli accordi di ristrutturazione – aperte nei confronti delle componenti del gruppo, qualora sia prevedibile che il c.d. consolidamento (o il coordinamento) procedurale si risolva in un vantaggio per i creditori coinvolti; per altro verso, quella di mantenere nettamente distinte le masse attive e passive delle singole imprese del gruppo, anche qualora si proceda alla gestione unitaria degli strumenti di soluzione della crisi o dell’insolvenza[10]. Due idee di fondo che in definitiva paiono rispecchiare le due dimensioni che connotano il gruppo: quella dell’unitarietà imprenditoriale e quella della pluralità soggettiva.”



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