Partite IVA, dipendenti e pensionati alla cassa per il secondo acconto delle imposte sui redditi. La scadenza del 30 novembre slitta al 2 dicembre 2024, tra ipotesi di proroga e novità legate al debutto del concordato preventivo biennale
Partite IVA, dipendenti e pensionati chiamati alla cassa per il secondo acconto delle imposte sui redditi.
La scadenza del 30 novembre subisce un lieve rinvio, cadendo di sabato, e slitta al 2 dicembre 2024.
Un appuntamento importante e che per l’anno in corso fa i conti con l’importante novità del concordato preventivo biennale, con nuove regole di calcolo differenziate sulla base del metodo adottato.
In campo anche la possibilità di un rinvio della scadenza e, come previsto già lo scorso anno, la rateizzazione fino al mese di maggio o giugno del secondo acconto dovuto.
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Secondo acconto in scadenza il 2 dicembre 2024: regole e novità
La scadenza del secondo acconto è indubbiamente una delle più importanti prevista per il mese e, come detto, l’appuntamento canonico del 30 novembre, cadendo di sabato, slitta in automatico al lunedì successivo.
A pagare il secondo acconto delle imposte dovute sulla base di quanto emerso dalla dichiarazione dei redditi 2024 sono i titolari di partita IVA, ma anche dipendenti e pensionati che hanno chiuso la dichiarazione annuale a debito.
In linea generale, si ricorda che l’acconto IRPEF è dovuto al 100 per cento, ma solo se l’imposta dichiarata nell’anno (riferita, quindi, all’anno precedente), al netto delle detrazioni, dei crediti d’imposta, delle ritenute e delle eccedenze, è superiore a 51,65 euro.
L’acconto dell’IRPEF, dell’IRES, dell’IRAP così come delle imposte sostitutive quali cedolare secca e flat tax per i forfettari si paga in due quote.
Dopo il primo acconto di giugno (prorogato a fine luglio per le partite IVA), la seconda rata si versa entro il 30 novembre. In caso di importo inferiore a 257,52 euro, l’acconto è dovuto con un unico versamento da eseguire alla fine di novembre.
Da evidenziare inoltre le regole previste in relazione alla modalità di pagamento: il secondo acconto non è rateizzabile, e l’importo complessivamente dovuto dovrà quindi essere saldato in un’unica soluzione.
Proroga del secondo acconto al 16 gennaio 2025 e rateizzazione: possibili novità in arrivo
C’è da dire che le regole di cui sopra sono in fase di discussione. Riprendendo quanto già disposto per lo scorso anno, è in campo la possibilità di riproporre la rateizzazione del secondo acconto, con diverse ipotesi in campo sul fronte della platea dei destinatari.
Nel corso dell’iter di discussione per la conversione in legge del DL Fiscale 2025, sono due gli emendamenti che propongono di intervenire sulla scadenza del 30 novembre prossimo.
La prima proposta all’esame della Commissione prevede, per il solo periodo d’imposta 2024, il rinvio del secondo acconto al 16 gennaio con possibilità di dilazione in sei rate fino al mese di giugno, per tutte le persone fisiche, le società di persone e/o di capitale o associazioni di cui all’articolo 5 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, soggetti agli ISA e/o parametri.
La seconda, che riprende la struttura già prevista per lo scorso anno, delimita la platea dei destinatari del rinvio e della rateizzazione (da gennaio a maggio, e quindi in un massimo di sei rate) alle sole partite IVA con ricavi o compensi non superiori a 170.000 euro.
Due emendamenti differenti sia sul fronte dei destinatari che sulla modulazione delle quote dovute, ma che hanno l’intento comune di rendere meno “gravoso” l’appuntamento di fine mese.
Secondo acconto delle imposte, le regole di calcolo chi ha aderito al concordato preventivo biennale
Alle ipotesi in campo si affiancano le novità effettive che interesseranno i titolari di partita IVA che hanno aderito al concordato preventivo biennale.
La scadenza del secondo acconto sarà di fatto il primo effettivo banco di prova per chi, entro il 31 ottobre, ha accettato la proposta elaborata dall’Agenzia delle Entrate e dovrà ora pagare le imposte dovute, modulate sulla base del reddito concordato.
Impatteranno sulla scadenza del 2 dicembre due novità: la prima riguarda la maggiorazione prevista in caso di calcolo degli acconti con metodo storico, la seconda si lega invece alla previsione di una flat tax ad aliquote differenziate per le partite IVA che applicano gli ISA e i forfettari.
Sia l’acconto delle imposte sui redditi che l’acconto IRAP relativi al biennio 2024-2025 dovranno ovviamente tener conto dei redditi e del valore della produzione netta concordati.
Per chi ha optato per il calcolo dell’acconto con metodo storico (guardando quindi all’imposta relativa al periodo precedente), dovrà essere versata una maggiorazione di importo pari al 10 per cento della differenza, se positiva, tra il reddito concordato e quello di impresa o di lavoro autonomo dichiarato per il periodo precedente, rettificato secondo quanto previsto dagli articoli 15 e 16 del decreto n. 13/2024.
La maggiorazione sull’acconto IRAP calcolato con metodo storico sarà invece pari al 3 per cento.
Nessun impatto su questo fronte in caso di adozione del calcolo previsionale: la seconda rata di acconto è calcolata come differenza tra l’acconto complessivamente dovuto in base al reddito e al valore della produzione netta concordato e quanto versato con la prima rata calcolata secondo le regole ordinarie.
Alla maggiorazione si affianca la flat tax strutturata su più aliquote, pensata per rendere meno gravoso il conto dovuto in caso di adesione al concordato e graduata in base al punteggio ISA conseguito nel periodo d’imposta precedente.
Punteggio ISA ottenuto nel p.i. 2023 | Aliquota applicabile sulla parte eccedente |
---|---|
pari o superiore a 8 | 10 per cento |
pari o superiore a 6 ma inferiore a 8 | 12 per cento |
inferiore a 6 | 15 per cento |
Sia le regole relative alle maggiorazioni che la flat tax incrementale si applicheranno anche ai forfettari che aderiranno al concordato preventivo, limitato al solo 2024 in via sperimentale per questa categoria di contribuenti.
In caso di calcolo dell’acconto con metodo storico, la maggiorazione dovuta è pari al 10 per cento, valore che scende al 3 per cento per i forfettari startup, da applicarsi sempre alla differenza tra il reddito concordato e quello dichiarato per il periodo d’imposta precedente.
Una regole che si affianca alla flat tax agevolata, pari per i forfettari ordinari al 10 per cento e per i forfettari nei primi 5 anni di attività al 3 per cento.
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