Nel secondo giorno della Conferenza di Baku il Regno Unito ha presentato un ambizioso piano di riduzione delle emissioni da coniugare alla crescita. Le Ong ambientaliste chiedono azioni oltre alle promesse
Il fondo «Loss and Damage», dedicato ai Paesi vulnerabili ai danni causati dal cambiamento climatico che meno hanno contribuito al riscaldamento globale, inizierà a erogare i propri finanziamenti a partire dal 2025. Ad annunciarlo è stato il presidente della Cop29 e ministro dell’Ecologia e delle Risorse Naturali dell’Azerbaigian, Mukhtar Babayev. La notizia arriva nel secondo giorno della Cop di Baku, dove è stato firmato l’accordo per rendere pienamente operativo il fondo creato nel 2022 alla Cop27 di Sharm el-Sheikh. Secondo il documento sul Loss & Damage firmato durante la Cop28 di Dubai, il fondo dovrebbe erogare tra 215 e 387 miliardi di dollari l’anno fino al 2030. Dovrebbero poi essere elargiti 4,3 mila miliardi l’anno in energia pulita fino dal 2030, che arriveranno a 5 mila miliardi l’anno dal 2050. «Il finanziamento permetterà di ricostruire abitazioni distrutte e di assistere le persone sfollate», ha dichiarato Babayev.
Il Loss & Damage finora disatteso
Nelle settimane precedenti l’attuale Conferenza sul clima sono stati compiuti alcuni importanti passi preliminari, tra cui la firma di accordi chiave con le Filippine, la Banca Mondiale e vari Paesi donatori. Tuttavia, devono ancora essere individuati i progetti da finanziare e devono essere formalizzati gli accordi di contribuzioni di tutti i Paesi che si sono impegnati a versare fondi. Il presidente ha esortato i presenti a sfruttare l’inerzia di questi primi giorni per raggiungere nuovi progressi sull’Ncqg, l’obiettivo di finanza globale, di cui fa parte il Loss and Damage, fissato nella Cop15 di Copenaghen in 100 miliardi di dollari l’anno e in gran parte disatteso. Si attendono progressi anche sull’articolo 6 relativo al mercato delle emissioni internazionali.
I crediti di carbonio a Cop29 e le proteste
L’articolo 6 è quello dell’Accordo di Parigi del 2015 che regola i crediti di carbonio, con i quali, riporta il Guardian, i Paesi ricchi potranno investire in azioni di contrasto al cambiamento climatico in Paesi più poveri, dove questi interventi sono generalmente meno costosi, e al contempo ritardare interventi più costosi in casa propria. Ieri è stato raggiunto un primo accordio sulle regole chiave, ma altri negoziati sono necessari nel corso della conferenza per mettere a punto il sistema. La votazione avvenuta ieri ha sollevato critiche perché è stata gestita in blocco, obbligando i Paesi ad esprimersi sull’intero pacchetto senza poter distinguere per misure.
Il piano ambizioso del Regno Unito
Inoltre, alla Cop29 di Baku, il primo ministro britannico Keir Starmer ha annunciato un ambizioso impegno per il Regno Unito: una riduzione delle emissioni di gas serra del «minimo 81%» entro il 2035, rispetto ai livelli del 1990. L’iniziativa rappresenta una tappa intermedia significativa nel percorso del Paese verso la neutralità carbonica, fissata per il 2050. Nel suo discorso, Starmer ha messo molta enfasi sull’intenzione del Paese di diventare leader nella transizione verde «senza sacrificare la crescita». Starmer ha aggiunto che «non esiste sicurezza nazionale, economica o globale senza sicurezza climatica». Il premier ha precisato che, nonostante la portata della sfida, l’obiettivo non implica «dire alla gente come vivere la propria vita». Il piano ha suscitato il plauso delle Ong ambientaliste, che hanno però puntualizzato come alle promesse debbano seguire i fatti, poiché il Regno Unito è tuttora indietro anche rispetto agli obiettivi fissati precedentemente.
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