Nel 2023, il settore turistico in Italia ha contribuito al Pil con un valore pari al 18%, ovvero 368 miliardi di euro, a fronte di una spesa di 155 miliardi. Questi dati, elaborati dall’Università Tor Vergata, evidenziano anche l’incremento dei viaggi d’affari e del turismo legato alle fiere, entrambi in crescita.
Il governo intende rafforzare questo trend: a Firenze, dove la prossima settimana si terrà il G7 del Turismo, è stato siglato un nuovo Patto per il turismo, tra il ministero, la Conferenza delle Regioni, le Province autonome, l’Enit e le associazioni del settore.
La crescita del settore turistico
Come anticipato, nel 2023 il turismo italiano ha continuato a crescere, riconfermando il suo ruolo di settore trainante per l’economia del Paese. Secondo i dati elaborati dall’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, grazie a una spesa turistica record di 155 miliardi di euro, il comparto ha generato un valore aggiunto di 368 miliardi di euro, corrispondente a circa il 18% del Pil, considerando sia il valore economico diretto che indiretto, con significativi impatti sugli investimenti e sull’occupazione.
In particolare, si evidenzia che la spesa turistica nazionale ha un effetto moltiplicatore di 2,5, generando un valore aggiunto complessivo di 250 miliardi di euro, pari al 12% del Pil. D’altro canto, la spesa turistica internazionale presenta un effetto moltiplicatore di 1,65 sul valore aggiunto, determinando un incremento pari al 6% del Pil, un impatto comunque rilevante, sebbene inferiore rispetto a quello della spesa nazionale.
Cinquanta posti di lavoro per ogni milione di euro speso
Inoltre, la spesa turistica totale genera o supporta circa 50 posti di lavoro per ogni milione di euro speso. La ministra del Turismo, Santanché, ha sottolineato l’attenzione dedicata al Sud, che nel 2024 sta registrando una crescita doppia rispetto al Nord, anche grazie al turismo. Nonostante il Meridione rappresenti solo il 20% delle presenze totali, si osserva un incremento del valore aggiunto pari al 15% del Pil, interamente attribuibile alla crescita del settore turistico.
Anche i dati relativi ai viaggi d’affari sono positivi: nel 2023, la spesa per viaggi d’affari in Italia ha superato i 30 miliardi di euro, con un aumento del 43% rispetto all’anno precedente. Questo ha permesso all’Italia di posizionarsi al settimo posto al mondo per il business travel, con un valore previsto di 40 miliardi di euro entro il 2027. Secondo lo studio della Fondazione Tor Vergata per il Ministero del Turismo, oltre 500 eventi organizzati annualmente in Italia attraggono 20 milioni di visitatori, di cui 1,5 milioni dall’estero.
I dati dello studio, presentati in occasione del Forum internazionale del turismo a Firenze, rivelano anche che il turismo d’affari attivato dalle fiere contribuisce al 4% della spesa turistica nazionale, generando oltre 10 miliardi di euro di valore di produzione e creando circa 90 mila posti di lavoro. Le fiere, inoltre, hanno un effetto moltiplicatore di 2,4: ogni euro speso dai turisti fieristici, mediamente ad alto potere di spesa, genera oltre 2 euro nell’economia locale.
L’obiettivo è destagionalizzare
“Per il turismo in Italia, abbiamo un solo obiettivo: destagionalizzare”, ha affermato Massimo Caputi, presidente di Federterme, durante un panel. “Abbiamo ancora da recuperare 50 milioni di presenze. I numeri reali mostrano che la Francia raggiunge 106 milioni di presenze con il Benelux, la Spagna 85 milioni, mentre l’Italia ne fa 57. Abbiamo 5,1 milioni di posti letto, un numero simile alla Francia, ma con il doppio delle presenze”.
Tuttavia, il fenomeno dell’overtourism e gli effetti del boom degli affitti turistici brevi rimangono temi di dibattito, con Firenze in prima linea. La sindaca Sara Funaro ha proposto la possibilità di una legge speciale per il capoluogo toscano, mentre nella notte si è svolta una protesta del comitato “Salviamo Firenze”, che ha apposto una X di nastro adesivo rosso su diverse keybox per denunciare l’overtourism.
Novità sugli affitti brevi
Sugli affitti brevi intanto, l’obbligo di Codice Identificativo Nazionale (Cin) per gli affitti brevi e le locazioni turistiche slitta al 1° gennaio 2025, una data stabilita dal Ministero del Turismo per garantire equità e concorrenza leale tra gli operatori del settore, uniformando le scadenze precedentemente differenziate per chi possedeva già il Cir regionale e per chi si iscrive per la prima volta alla Bdsr.
Il Cin è obbligatorio per:
- i titolari o gestori delle strutture turistico-ricettive alberghiere ed extralberghiere definite ai sensi delle vigenti normative regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano;
- i locatori di unità immobiliari ad uso abitativo destinate a contratti di locazione per finalità turistiche;
- i locatori di unità immobiliari ad uso abitativo destinate alle locazioni brevi ai sensi dell’articolo 4 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96.
Sono escluse dall’obbligatorietà di possedere il Cin le case religiose di ospitalità no profit qualora l’attività di ospitalità sia svolta a titolo meramente gratuito. Le libere donazioni corrisposte dagli ospiti non fanno venir meno la gratuità della prestazione offerta.
Santanché: “Numero chiuso non è la soluzione”
La ministra del Turismo, Daniela Santanché, è intervenuta con fermezza sul tema: “Mi hanno attaccato per aver detto che l’overtourism è una bestemmia, ma lo ridirei. In alcune città è un problema, ma è un fenomeno circoscritto. Dobbiamo risolvere i problemi. Ai sindaci dico: quando rilasciate licenze per nuove attività commerciali, limitate i minimarket e i kebab, favorendo artigiani, botteghe e negozi che aiutano a mantenere i cittadini in città”. Rispondendo alla richiesta di Funaro, la ministra ha aggiunto: “Firenze ha problemi particolari, ma bisogna fare un confronto più ampio. Perché leggi speciali? Cosa vogliamo fare? Se le proposte sono sensate e vanno nella giusta direzione, il sindaco Funaro me lo spiegherà”.
Sul tema dell’overtourism diverse città sono corse ai ripari per limitarlo: il caso più recente è quello di Pompei, che a partire dal 15 novembre introdurrà un limite giornaliero di 20.000 ingressi per prevenire il sovraffollamento. Ma anche la Fontana di Trevi, con il Comune di Roma che sta pensando di renderla visitabile su prenotazione e con ingresso limitato.
Ma per Santanché “il numero chiuso non è la soluzione”, spiegando che non si può avere un turismo esclusivo per pochi, creando discriminazioni. “La regolamentazione dei flussi è necessaria per tutelare le nostre bellezze naturali e culturali. Far pagare un biglietto è utile per la gestione dei flussi”.
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