Non abbiamo fatto i compiti a casa. Alla vigilia di Cop29 e un anno dopo Cop28, il bilancio dei progressi è insufficiente, nonostante le promesse. E nonostante gli avvertimenti della crisi climatica, che nel 2024 ha colpito con una ferocia senza precedenti: record di temperature, uragani e alluvioni in tutto il globo. La temperatura media degli ultimi mesi è di 0,7°C più alta del periodo 1990-2024 e abbiamo già superato la soglia di +1,5°C rispetto il 1850 (+1,54°C a fine settembre).
La Cop28 che si era tenuta negli Emirati Arabi Uniti si era chiusa con almeno tre grandi annunci:
- L’inizio della fine delle fonti fossili, ovvero il “transitioning away” da petrolio, carbone e gas.
- L’avvio di misure più concrete per la finanza climatica, tramite sostegni, prestiti e aiuti diretti per Paesi più vulnerabili. A Dubai era, inoltre, nato il fondo “Loss and damage” su base volontaria, 702 milioni di dollari di aiuti a fondo perduto (l’Italia partecipa con 100 milioni).
- La promessa di triplicare l’installazione di impianti rinnovabili entro il 2030. “Quest’anno, però, è stato caratterizzato da crepe sempre più grandi nello scacchiere globale”, spiega Giulia Giordano, direttrice della strategia globale di ECCO, il think tank italiano per il clima. Le fratture geopolitiche hanno rallentato ulteriormente i progressi. Analizziamo i temi punto per punto.
1. Il lungo addio al fossile
Sul piano della riduzione delle emissioni il divario tra annunci e realtà è ancora enorme. Lo confermano i dati. Ad oggi, I governi delle principali nazioni produttrici di combustibili fossili pianificano, da qui al 2030, una produzione di combustibili superiore al doppio di quanto compatibile con il limite di 1,5°C per il riscaldamento globale. Non solo. Secondo l’Emission Gap Report 2024 pubblicato a fine ottobre, le emissioni di gas serra annuale invece di ridursi stanno aumentando toccando il record di 57,1 gigatonnellate di CO2 equivalenti nel 2023, con un aumento dell’1,3% rispetto al 2022. Evitare il peggio richiede un taglio delle emissioni del 42% entro il 2030 e del 57% entro il 2035: per raggiungere l’obiettivo di 1,5°C, le emissioni devono calare del 42% entro il 2030 e del 57% entro il 2035, rispetto ai livelli del 2019.
2. Finanziamento climatico
Con l’Accordo di Parigi del 2015 i Paesi avevano trovato l’intesa per la creazione di un fondo da 100 miliardi all’anno per supportare i Paesi più colpiti. Target raggiunto appena nel 2022. A Dubai, invece, si è deciso di rinnovare i metodi di finanziamento della transizione climatica. Alla base delle discussioni, c’è il New Collective Quantified Goal (Ncqg), il nuovo obiettivo di finanziamento dopo il 2025. Come sono andati i negoziati intermedi quest’anno? Uno stallo continuo. I dialoghi di Bonn dell’estate, previsti come ponte verso Baku, si sono conclusi con un nulla di fatto a causa dei veti incrociati. Non solo è difficile stabilire l’ammontare complessivo, ma anche la base dei contributori: l’Occidente chiede alla Cina di versare le sue quote, ma Pechino tiene stretto il suo posto nel G77, il gruppo dei Paesi in via di sviluppo esenti da versamenti. A Dubai si erano ipotizzate diverse riforme della governance internazionale, a partire dai meccanismi della Banca Mondiale, ma la Bridgetown Initiative proposta dalla premier delle Barbados Mia Mottley, necessaria per ristrutturare i debiti dei Paesi più poveri, è nel cassetto.
3. La sfida delle rinnovabili
Se però cerchiamo motivi di ottimismo, li possiamo trovare nel progresso delle energie rinnovabili, che anche quest’anno sono cresciute. Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia (Iea), “le fonti rinnovabili saranno in grado di generare quasi la metà dell’elettricità globale entro il 2030, con il solare e l’eolico che rappresenteranno il 30%”. Secondo Fatih Birol, direttore dell‘Iea, «stiamo entrando in una nuova era dell’elettricità». Crescono in Cina, India, Europa (esclusa l’Italia, che va piano). Il divario è ancora ampio: secondo il rapporto Renewables 2024, la capacità rinnovabile globale dovrà crescere di 2,7 volte entro il 2030 per avvicinarsi all’obiettivo di triplicare le rinnovabili globali fissato alla Cop28.L’Italia gioca un ruolo decisivo in chiave energetica. Spiega Giulia Giordano: “Siamo al centro dell’area mediterranea e possiamo presentarci come leader: l’area tra Sud Europa, Nord Africa e Medio Oriente è decisiva per lo sviluppo delle rinnovabili. Possiamo ricavare un Terawatt di rinnovabili se investiamo in tecnologia e rapporti strategici”. È fondamentale quindi non rimandare più le scelte da fare. “La Cop29 può sembrare poco decisiva, in attesa dell’appuntamento 2025 a Belém, in Brasile, conclude Giordano, ma fino al 2030 nessuna Cop può essere più considerata di transizione”.
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