Intervista a Daniele Gamba che si occupa per il circolo Tavo Burat delle vertenze nel Biellese
Il Circolo Tavo Burat, recentemente federato a Pro Natura, sta seguendo diverse vertenze ambientali nel Biellese. Quali?
Il Circolo opera da più di 30 anni nel Biellese. A differenza dei comitati locali nati per un singolo e specifico problema segue a 360° gradi tutte le principali proposte impiantistiche soggette a procedura di VIA o di Autorizzazione Unica come le discariche, gli impianti a biogas, i pirogassificatori, le proposte di nuove infrastrutture viarie -come ad esempio la Pedemontana- , idriche -come la diga in Valsessera-, le pressioni sui corpi idrici, lo sviluppo, a volte debordante, delle FER -il sistema di incentivi per la produzione di energia ideato dal Ministero dello Sviluppo Economico che rientra nel piano di decarbonizzazione 2030- e le trasformazioni urbanistiche e paesaggistiche.
E dal punto di vista propositivo cosa ha fatto il Circolo fino ad ora?
A fronte della pluriennale esperienza in vari campi il Circolo ha contribuito anche nella redazione di osservazioni in sede di pianificazione. Solo per fare alcuni esempi ha partecipato al Piano di Gestione Po, a quello di Tutela delle Acque, al Piano Cave, al Piano regionale per la gestione dei Rifiuti Urbani e di Bonifica delle Aree Inquinate (PRUBAI) e a diversi Disegni di Legge.
A livello Regionale attualmente è in discussione il Piano sulla qualità dell’aria. Vi sono stati contributi del Circolo Tavo Burat?
E’ un campo in cui abbiamo profuso meno impegno in quanto il Biellese soffre poco questa criticità.
Quali sono le maggiori criticità ambientali del Biellese?
La prima da citare è la mobilità sostenibile. Un servizio ferroviario e di mobilità pubblica ai minimi termini, imporrebbe maggiori energie.
Ma il punto di maggiore conflittualità attualmente si colloca tra Biellese e Vercellese, parallelamente al tracciato autostradale. Nel basso biellese il primo sfruttamento è stato condotto per 30° anni nel binomio “cava- discarica”. Il secondo ed attuale sfruttamento, ovvero la eccessiva concentrazione di più impianti dell’economia circolare in binomio alla termovalorizzazione finale dei sovvalli (rifiuti speciali). Lì sono anche ubicati diversi impianti connessi all’economia circolare (impianti per il recupero del vetro, alluminio, plastica, biogas e metano da FORSU, R-PET, discariche, ecc.). Tali insediamenti non sono stati mai pianificati e il loro sviluppo e concentrazione (localizzazione, dimensione, impatti cumulativi, ecc.) dipende solo da logiche di mercato e da precisi disegni industriali di sfruttamento territoriale. è stato possibile con il “silenzio assenso” degli enti territoriali, in particolare della Provincia di Biella, che non hanno definito come risolvere il degrado derivante dalla prima fase di sfruttamento.
Ci puoi fare degli esempi?
In primo luogo non è mai stato aggiornato il Piano Territoriale Provinciale, nemmeno i piani rifiuti, mai redatto il Programmi di Rigenerazione Integrata Urbana Sostenibile (PRUIS) n° 8. La proposta del termovalorizzatore a Cavaglià di A2A non è stata dunque attivamente contrastata come diversamente avvenne per il progetto Fenice a Verrone; questo anche in ragione di un particolare occhio di riguardo riservato dall’Unione Industriale Biellese (UIB) che ha scelto, non a caso, proprio l’azienda lombarda quale partner per il futuro Hub dei rifiuti tessili.
Eppure la Provincia ha risposto prontamente al ricorso di A2A contro il diniego espresso dallo stesso ente a luglio scorso. Non ti sembra un cambio di passo?
La costituzione in giudizio della Provincia è al momento un mero atto dovuto, quasi un dovere d’ufficio, ma non è sostenuto da un vera volontà ed indirizzo politico, continua il “silenzio assenso”. Il circolo valuterà comunque come contribuire in questa fase, proponendo interventi ad opponendum affinché l’atto di diniego non sia annullato.
Se come scrissi E’ la somma che fa il totale e Ogni limite ha una pazienza, allora, per uscire da questa assurda concentrazione d’impiantistica, è la pianificazione che farebbe la differenza?
La pianificazione è il momento dove si cercano gli equilibri tra interessi contrapposti, tra tutela ambientale e attività produttive.
Purtroppo la pianificazione è considerata da alcuni un paletto, un vincolo, così come le tasse, per alcuni, sono il pizzo da pagare allo Stato.
Una buona pianificazione, viceversa, porta a ridurre i contenziosi, evita i PIMBY e i NIMBY
A2A si è sempre mossa evitando che si pianifichi, ad esempio che a decidere sulla prossimità e baricentricità di un termovalorizzatore rispetto ai siti di produzione dei rifiuti speciali sia un ente pubblico. Persegue gli interessi di impresa, non certo quelli della comunità, e l’obiettivo concreto è sfruttare il territorio.
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