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quei conti che non tornano #finsubito prestito immediato


Il 75,80% degli italiani dichiara redditi fino a 29mila euro, corrispondendo solo il 24,43% di tutta l’IRPEF, un’imposta neppure sufficiente a coprire la spesa per sanit� e assistenza. I numeri migliorano ma meno di quanto crescita del PIL e dell’occupazione lascerebbero auspicare e, soprattutto, meno di quanto richiederebbe la sostenibilit� del nostro welfare

Mara Guarino

Il totale dei redditi prodotti nel 2022 e dichiarati nel 2023 ai fini IRPEF � ammontato a 970 miliardi,�per un gettito IRPEF generato��- al netto di TIR e detrazioni – di 189,31 miliardi�(di cui 169,59 miliardi,�l’89,59%, di IRPEF ordinaria): valore in aumento del 6,3% rispetto allo scorso anno ma inferiore alla crescita del PIL nominale (+7,7%).�Crescono sia i dichiaranti�(42.026.960, numero addirittura superiore a quello record del 2008)�sia i contribuenti/versanti,�vale a dire coloro che versano almeno 1 euro di IRPEF, che toccano quota�32.373.363. Mentre salgono sia i contribuenti con redditi compresi tra i 20 e i 29mila euro (9,5 milioni) sia quelli con redditi medio-alti dai 29mila euro in su, diminuiscono i dichiaranti per tutte le fasce di reddito fino a 20mila euro, che calano da 23,133 a 22,356 milioni.�

Sicuramente condizionato dalla ripresa COVID-19,�quello che emerge dall’ultimo Osservatorio sulla spesa pubblica e sulle entrate Itinerari Previdenziali�sembrerebbe un quadro in apparenza positivo�se non fosse che, dati alla mano, resta sostanzialmente invariata la quota di contribuenti che effettivamente sostiene il Paese con tasse e contributi, e di contro troppo alta quella di cittadini totalmente o parzialmente a carico della collettivit�:�malgrado il miglioramento PIL e occupazione,�il 45,16% degli italianinon ha redditi e di conseguenza vive a carico di qualcuno.�Su 42 milioni di dichiaranti, poi, il 75,57% dell’intera IRPEF � pagato da circa 10 milioni di milioni di contribuenti, mentre i restanti 32 ne pagano solo il 24,43%.�

Figura1–�Percentuale di imposte pagate�per�i 2 principali raggruppamenti�di�reddito�

Figura 1 – Percentuale di imposte pagate per i 2 principali raggruppamenti di reddito

Fonte: Osservatorio sulla spesa pubblica e sulle entrate 2024, Itinerari Previdenziali

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Il difficile finanziamento del�welfare�italiano

Come rilevato dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali,�nel 2022 sono statati necessari 131 miliardi per la spesa sanitaria, oltre�157�per l’assistenza sociale e altri circa 13 miliardi��per il�welfare�degli enti locali.�Un conto totale che supera i 300 miliardi�che, in assenza di tasse di scopo (come, ad esempio, accade per le pensioni che sono in attivo al netto dell’IRPEF),�viene finanziato attingendo fiscalit� generale:�a queste sole 3 voci di spesa sono state dunque destinate nell’ultimo anno di rilevazione�pressoch�tutte le imposte dirette IRPEF, addizionali, IRES, IRAP e ISOST e anche 23,77 miliardi di imposte indirette,in primis�l’IVA.

Negli ultimi 15 anni i redditi dichiarati sono aumentati�del 21,44%, mentre la spesa per il welfare � cresciuta di circa il 38%, trainata soprattutto da quella assistenziale, il cui valore tende ormai ad avvicinarsi pericolosamente al�gettito dell’IRPEF ordinaria.�Basta questo semplice confronto per capire come si sia davanti a un�onere, gi� oggi e ancora di pi� in futuro, molto gravoso da sostenere�e che lascia ad altre funzioni statali, indispensabili allo sviluppo del Paese (come scuola, infrastrutture, investimenti in capitale e cos� via), solo le residuali imposte indirette, le accise e la strada del debito. Debito�che, secondo il Prof. Brambilla, curatore del volume insieme a Paolo Novati, ogni anno aumenta spaventosamente nella totale indifferenza generale, tantoche l’Italia � fanalino di coda in Europa per occupazione e produttivit�.�

Redditi dichiarati e tipologie di contribuenti: un Paese di poveri?

Su una popolazione di 59.030.133 cittadini residenti sono 42.026.960�quanti hanno presentato una dichiarazione dei redditi nel 2023 (con riferimento all’anno di imposta precedente). A versare almeno 1 euro di IRPEF solo�32.373.363�residenti, vale a dire poco pi� della met� degli italiani:�a ogni contribuente corrispondono quindi 1,405 abitanti.�

Nel dettaglio, fino a 7.500 euro lordi si collocano 9.330.900 soggetti, il 22,20% del totale, che pagano in media 20 euro di IRPEF l’anno (14 se rapportati ai cittadini). I contribuenti che dichiarano redditi tra i 7.500 e i 15.000 euro lordi l’anno sono 7.626.579: in questo caso, al netto del TIR, l’IRPEF media annua pagata per contribuente � di 294 euro (209 euro per abitante), a fronte – a titolo esemplificativo – di una spesa sanitaria pro capite pari di circa 2.221 euro. Tra 15.000 e 20.000 euro di reddito lordo dichiarato si trovano 5,4 milioni di contribuenti, che pagano un’imposta media annua di 1.761 euro, che si riduce a 1.254 euro per singolo abitante; seguono da 20.001 a 29.000 euro 9,5 milioni di contribuenti, con un’imposta media di 3.612 euro che si scende a 2.571 se rapportata al totale degli abitanti: un importo che, come per la fascia successiva, basterebbe di per s� a coprire i costi della sanit�, ma che resterebbe comunque insufficiente guardando alle altre principali funzioni di�welfare�non coperte da contributi di scopo, tra cui appunto l’assistenza.�Seguono quindi i redditi tra 29.001 e 35mila euro, fascia in cui si collocano 3.754.371�contribuenti pari a�5.273.306�abitanti:�questi contribuenti, l’8,93%,�pagano�un’imposta�media�di�6.138 euro l’anno,�4.370�euro�per�abitante, e versano complessivamente il 12,17% delle imposte.�

Figura 2 – Percentuale di imposte pagate per scaglione di contribuenti

Figura 2 – Percentuale di imposte pagate per scaglione di contribuenti

Fonte: Osservatorio sulla spesa pubblica e sulle entrate 2024, Itinerari Previdenziali

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Sommando�tutte le fasce di reddito fino a 29mila euro, si evidenzia dunque che il 75,80% dei contribuenti italiani versa soltanto il 24,43%: di tutta l’IRPEF:�una fotografia�pi� vicina a quella di un Paese povero che di uno Stato membro del G7�e che parrebbe oltretutto poco veritiera guardando a consumi e abitudini di spesa degli italiani.�

A salire, la scomposizione mostra invece�quei poco pi� di 6 milioni di versanti con redditi superiori ai 35mila euro�che, nella sostanza, si fanno carico del finanziamento del nostro�welfare state.�Pi� precisamente, esaminando le dichiarazioni relative agli scaglioni di reddito pi� elevato,�sopra i 100mila euro, l’Osservatorio individua solo l’1,56% dei contribuenti�(poco pi� di 650mila persone)�che, tuttavia, versano il 23,59% del totale IRPEF.�Sommando loro anche i titolari di redditi lordi da 55.000 a 100mila euro (che sono 1.635.728, il 3,89% del totale, e pagano il 18,11% del totale delle imposte), si ottiene che il 5,45% paga il 41,69% dell’IRPEF. Includendo dunque anche i redditi dai 35.000 ai 55mila euro lordi,�risulta pertanto che il 15,26% paga il 63,39% dell’imposta sui redditi delle persone fisiche.��Ricomprendendo infine anche lo scaglione 29mila-35mila euro, “autosufficiente” su quasi tutte le funzioni di welfare salvo una quota di assistenza, si ottiene che il 24,20% dei contribuenti corrisponde il 75,57% dell’IRPEF complessiva e, si suppone, una quota altrettanto rilevante delle altre imposte.�

La redistribuzione della ricchezza e le proposte di riforma fiscale

Sintetizzando, dall’Osservatorio emerge s� una riduzione dei dichiaranti con redditi bassi in favore di quelli medio-alti ma, anche per effetto di bonus e detrazioni,�non ci sono invece variazioni sostanziali nella ripartizione del carico fiscale�che pesa sulle spalle di uno sparuto ceto medio, escluso invece dalla maggior parte delle agevolazioni.�Giusto aiutare chi ha bisogno, cos� come garantire a tutti diritti primari come quello alla salute, ma – come rileva la pubblicazione stessa –�i nostri decisori politici tendono spesso a trascurare come�queste percentuali dipendano anche da economia sommersa ed evasione fiscale�per le quali primeggiamo in Europa.�

Tra i falsi miti sfatati dal documento c’� di riflesso quello dell’oppressione fiscale,�che vuole (tutti) i cittadini tartassati dal fisco e penalizzati delle eccessive imposte.�Solo per pagare la spesa sanitaria, per i primi 2�scaglioni di reddito fino a 15mila euro, la differenza tra l’IRPEF versata e il costo della sanit� supera i 50 miliardi; la differenza sale a 57,8 miliardi sommando i redditi da 15 a 20mila euro. Considerando anche spesa assistenziale e�welfare�degli enti locali,�la redistribuzione totale � pari a 240,56 miliardi su circa 661 di entrate,�al netto dei contributi sociali.In pratica, viene redistribuito l’86,33% di tutte le imposte dirette (circa 278 miliardi)�a beneficio soprattutto del 53,19% degli italiani delle prime tre fasce fino 20mila euro e, in parte, al restante 22,61% corrispondente ai dichiaranti tra i 20 e 29mila euro.�Un costante trasferimento di ricchezza, sotto forma di servizi gratuiti�di cui quest’enorme platea di beneficiari non sembra rendersi neppure conto anche a causa delle ripetute promesse di nuove elargizioni da parte della politica, cui fa contraltare la continua minaccia di abolizione delle�tax expenditures�per i redditi da 35mila euro in su. Redditi, peraltro lordi, che scontano per� l’italico paradosso�secondo il quale pi� tasse si pagano e meno servizi si ricevono:una situazione che rischia di penalizzare quanti contribuiscono regolarmente incentivando i cittadini a evadere o a sotto-dichiarare�cos� da non rinunciare a prestazioni sociali o altre agevolazioni da parte di Stato, Regioni e comuni.�

Per il Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali � dunque il momento di lavorare, in ambito fiscale, su�soluzioni nuove, concretamente calate sulla realt� del Paese.�Se il contrasto di interessi tra clienti e fornitori diretti di beni e servizi potrebbe rivelarsi un ottimo modo per favorire l’emersione e al tempo stesso agevolare le finanze delle famiglie italiane, un maggiore sviluppo del�welfare�aziendale, insieme alla detassazione di�premi, aumenti salariali e straordinari, potrebbe essere la giusta via per ridurre il cosiddetto cuneo fiscale-contributivo a carico dei lavoratori dipendenti�in modo equo e sostenibile per le finanze dello Stato.Certamente, secondo il Professor Brambilla, pi� della decontribuzione, che negli ultimi 3 anni ha portato a un mancato gettito nelle casse INPS pari ad almeno 66 miliardi.�

Mara Guarino, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

�30/10/2024�



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