In Italia oltre 160 specie sono a rischio di estinzione, il 19% dei rettili è in condizioni sfavorevoli e il 24% delle piante vascolari si trova in una situazione precaria. Allarme simile per la fauna ittica: il 48% dei pesci d’acqua dolce e il 36% degli anfibi rientrano nelle categorie a rischio.
Ancora. Il sistema di aree protette in Italia copre il 21,68% del territorio e l’11,62% delle acque territoriali marine. Rete tuttavia insufficiente a garantire la protezione necessaria. Attualmente, 58 ecosistemi naturali e semi-naturali sono minacciati e coprono circa il 19,6% del territorio nazionale. Tra le principali cause di degrado: consumo del suolo, cambiamenti nell’uso delle terre e frammentazione degli habitat, causati in particolare dall’espansione urbana e dalla costruzione di infrastrutture. Anche le specie invasive rappresentano una minaccia significativa.
È questo il quadro critico della biodiversità in Italia, delineato dal Rapporto “Biodiversity and the private sector in Italy” pubblicato alla Cop 16 sulla biodiversità dalla società di consulenza ambientale Etifor, in collaborazione con l’Università degli studi di Padova, e che vede l’ASviS tra i networking partner. Un documento che illustra come il nostro Paese, tra quelli in Europa con più elevati livelli di varietà di specie animali e vegetali, sia sotto minaccia. Ma anche come il contributo delle aziende sia cruciale per invertire la rotta.
Il Rapporto riporta dati diretti da aziende di vari settori, attraverso un sondaggio su un campione di 71 imprese, analizzando politiche, trend e strumenti finanziari per capire come il settore privato possa guidare la tutela e il ripristino degli ecosistemi italiani.
L’importanza economica della biodiversità e i rischi della sua perdita
Le aziende italiane dipendono fortemente dai servizi ecosistemici, come acqua pulita, impollinazione e regolazione climatica. Nonostante ciò, solo il 25% delle imprese valuta l’impatto della propria attività sulla biodiversità, sebbene il 48% preveda di integrarlo nelle proprie strategie nei prossimi cinque anni. I settori più esposti sono agricoltura, edilizia e alimentare, con un impatto diretto sulla produttività legato alla disponibilità delle risorse naturali, poiché la perdita di biodiversità pone problemi concreti come interruzioni operative e vulnerabilità nelle catene di fornitura.
In Italia, desertificazione e siccità minacciano il 20% del territorio, in particolare nelle regioni del Sud. L’Emilia-Romagna ha subito inondazioni devastanti sia nel 2023 che nel 2024, causando ingenti perdite economiche. Anche il Nord Italia e la Toscana continuano a registrare danni da eventi climatici estremi.
Il settore privato è chiamato ad adottare strategie “nature positive“, con obiettivi chiari e misurabili per ridurre i rischi legati alla biodiversità. Le soluzioni basate sulla natura, come la riforestazione e l’agricoltura sostenibile, rappresentano opportunità economiche per le imprese.
Il quadro normativo e politico per la biodiversità: focus su Italia ed Europa
L’Italia, con l’adozione della Corporate sustainability reporting directive (Csrd), impone alle imprese di valutare, rendicontare e mitigare i rischi legati alla biodiversità nelle proprie attività. La direttiva Ue, che estenderà progressivamente l’obbligo di rendicontazione a società quotate e poi a piccole e medie imprese, interesserà entro il 2028 circa 4mila aziende italiane.
Il contesto europeo è segnato da iniziative come il Green Deal e la Strategia sulla Biodiversità per il 2030, che mirano a ripristinare il 30% degli ecosistemi degradati e richiedono agli Stati membri di elaborare piani nazionali di ripristino. Per l’Italia, questo implica proteggere le sue aree naturali e incrementare le superfici protette.
Dal report emerge che solo il 33% delle imprese italiane include la biodiversità nella propria rendicontazione. L’adozione obbligatoria della Csrd favorirà la trasparenza e spingerà le aziende verso modelli sostenibili, aumentando la pressione sulle piccole e medie imprese di adeguarsi alle nuove normative.
Finanziamento della biodiversità in Italia: settore pubblico e privato
Con l’approvazione della Nature Restoration Law, l’Italia si impegna a ripristinare almeno il 20% degli habitat danneggiati entro il 2030, per un totale stimato di 7,2 miliardi di investimenti entro il 2050.
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) destina circa 15 miliardi di euro alla protezione delle risorse idriche e del territorio, con 1,7 miliardi destinati alla tutela della biodiversità e della qualità dell’aria. Il solo finanziamento pubblico non è comunque sufficiente a colmare il biodiversity finance gap, stimato a livello globale in 700 miliardi di dollari annuali tra il 2020 e il 2030.
Stop immediato al consumo di suolo grazie alla Nature restoration law
di Walter Vitali (Urban@it), Andrea Filpa (Uniroma3) e Rossella Muroni (Associazione Nuove Ri-generazioni) del Gruppo di Lavoro ASviS sul Goal 11
La portata di questo Regolamento non è stata compresa fino in fondo. Con l’approvazione del Piano nazionale di ripristino, i grandi comuni italiani potrebbero essere liberi dalla cementificazione selvaggia.
17 luglio 2024
Strumenti come i green bond, i sustainability-linked bond e i crediti di biodiversità stanno guadagnando terreno nel mercato finanziario italiano, supportando progetti mirati a preservare e ripristinare ecosistemi.
Le imprese italiane, con oltre il 50% delle intervistate che già investono in iniziative di ripristino e conservazione, considerano essenziali incentivi fiscali e partnership pubblico-private per sostenere l’impegno finanziario.
Carenza di dati e mancanza di normative chiare sono i principali ostacoli per un coinvolgimento aziendale su larga scala. L’adozione di standard di rendicontazione come gli Esrs e il supporto delle istituzioni sono fondamentali per facilitare l’accesso alle informazioni.
Fonte copertina: vrabelpeter1, da 123rf.com
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