Mangiamo la plastica e non ce ne rendiamo conto! Forse sai già di cosa si tratta, ma se ti dicessi che nel pesce che ingurgiti solitamente ci sono dei residui di plastica, come la prenderesti? È quanto appreso dallo studio svolto dall’equipe del dottor Raffaele Marfella, docente di Medicina interna e ricercatore del dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche di UniCampania, mostrato in occasione della presentazione dell’iniziativa “The Custodians Plastic Race 2025”, una task force senza precedenti che ha come obiettivo la pulizia coordinata dell’ambiente su scala nazionale. Un progetto promosso e sostenuto da BioDesign Foundation e Marina Militare, con l’ausilio di Guardia di Finanza, Protezione Civile e Guardia Costiera.
Non solo respiriamo plastica – attraverso le famose polveri sottili -, ma la mangiamo anche, sotto forma di particelle molto piccole, chiamate micro e nanoplastiche, assai dannose per l’uomo. C’è plastica ovunque nel nostro corpo, in ogni organo, dai polmoni alla placenta. La respiriamo nell’ambiente inquinato delle città, la ingeriamo in tutti i pesci, nel 100% dei molluschi e attraverso la cute, utilizzando prodotti cosmetici (come gli scrub), che contengono plastiche già sintetizzate in micro e nano. Ma quanta plastica c’è nel nostro corpo?
Ecco quanta plastica c’è nel nostro corpo senza che ce ne accorgiamo
Secondo gli studi effettuati, la quantità di plastica assorbita nel nostro corpo arriva fino ai 5 grammi alla settimana, l’equivalente di una carta di credito. Queste sostanze, quando entrano nell’organismo, aumentano le infiammazioni, portando alla morte cellulare. La plastica si deposita all’interno delle placche arteriosclerotiche e, attraverso l’aumento dell’infiammazione, favorisce l’insorgere di malattie cardiovascolari.
Nel 60% dei pazienti affetti da questo tipo di patologia, infatti, ne è stata ravvisata la presenza. Gli enzimi del nostro organismo non sono in grado di degradarla e questo comporta che gli stati infiammatori diventino via via cronici, portando potenzialmente anche a tumori e malattie degenerative. Facile capire come ci troviamo di fronte a un problema che nei prossimi anni rischia di esplodere in modo veramente importante.
Mangiamo plastica e non ce ne accorgiamo: ma cosa si può fare?
È proprio qui che interviene l’equipe di UniCampania, che sta cercando di porre rimedio all’incedere pericoloso di danni alla salute degli uomini, causati dagli stessi e della loro incuria nel tenere pulito il pianeta. Proprio quest’ultima affermazione è il punto di partenza, la cosiddetta prevenzione primaria, volta alla sensibilizzazione verso stili di vita corretti nei confronti dell’ambiente che ci ospita (non buttare lattine, carte e qualsiasi cosa per strada, nei fiumi, nei mari, ovunque).
Successivamente arriva la prevenzione secondaria: capire quali sono i meccanismi attraverso cui la plastica provoca malattie, identificare metodiche che abbiano un facile utilizzo (l’obiettivo è arrivare a fare una radiografia per rilevarne la presenza), creare una terapia adeguata e specifica per contrastare gli effetti di micro e nanoplastica.
Tutto questo ha il fine ultimo di migliorare le condizioni del pianeta in cui viviamo attraverso la sensibilizzazione sul tema e progetti come quelli citati vanno in questa direzione. La plastica, si dice, è furba, perché dopo 300 anni da che è stata buttata in mare, torna indietro e presenta il conto alle generazioni future. Quindi, prima di tutto, è utile educare, noi tutti e i nostri figli, a prenderci cura di dove viviamo, perché i custodi del nostro pianeta e della nostra salute, siamo noi.
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