Dopo la sentenza – dello scorso luglio – che ha visto diventare definitivo l’ergastolo per Pietro Morreale, emergono ora le motivazioni dei giudici della Cassazione che hanno confermato il carcere a vita per il giovane che nella notte del 21 gennaio 2021 uccise e diede fuoco alla fidanzatina 17enne, Roberta Siragusa, a Caccamo (Palermo). Secondo i giudici della Suprema Corte Morreale al momento dell’omicidio «era perfettamente capace di intendere e di volere».
Le motivazioni della sentenza
La prima sezione della Cassazione scrive nelle motivazioni che i motivi di ricorso presentati dalla difesa «non sono meritevoli di valutazione». «Il fatto che il ragazzo, subito dopo l’uccisione di Roberta abbia tenuto comportamenti che la difesa ha giudicato incongrui, non è plausibile spia di una condizione di deficit psichico rilevante, anzi pare esattamente il contrario; e che ancora non riveste particolare significato la circostanza che nei primi periodi della propria detenzione Morreale sia stato seguito dagli psicologi penitenziari, anche considerato che gli stessi non hanno mai fatto alcun riferimento a problematiche psicopatologiche diverse dalla normale ansia». «Nessuna giustificazione dunque è possibile, per il ventiduenne», per la Cassazione.
La vittima subì 33 aggressioni
Dalle chat estrapolate dal tecnico informatico, non dal cellulare della ragazza che non è stato mai trovato, risulta che in un anno la giovane avrebbe subito 33 aggressioni. Roberta Siragusa ne parlava con un amico a cui mandava anche le foto dei segni sul corpo. Emerge dalle motivazioni della sentenza della prima sezione della corte di Cassazione, presieduta da Giacomo Rocchi. Secondo i giudici l’imputato era capace di intendere e di volere «e nessuno degli elementi concilia con l’ipotesi difensiva della morte accidentale».
La giovane quella notte è stata colpita al volto più volte dal ragazzo di 19 anni che faceva kick boxing. La Suprema corte ha confermato la ricostruzione dell’accusa: «Roberta Siragusa dopo essere stata colpita è caduta al suolo sulla piazzola all’interno del complesso sportivo di Caccamo, cosparsa di benzina, è stata deliberatamente arsa viva. La fiammata si è propagata con l’effetto miccia lungo una scia di carburante che Monreale ha linearmente sversato al suolo».
Dopo l’omicidio ed essersi liberato del corpo della giovane abbandonato in un dirupo Morreale mandò un messaggio ad un amico per giocare on line alla play station. L’imputato dovrà risarcire le parti civili e pagare le spese processuali delle parti civili: la madre di Roberta, Iana Brancato, il padre Filippo Siragusa, il fratello Dario, la nonna Maria Barone, assistiti dagli avvocati Giovanni Castronovo, Giuseppe Canzone, Sergio Burgio e Simona La Verde.
Ultimo aggiornamento: Venerdì 25 Ottobre 2024, 21:28
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