A fare impresa in Italia sono sempre meno giovani. Ancora meno se donne, ancora meno se al Sud. Nel 2011 le imprese giovanili erano quasi il 12% del totale, nel 2019 erano il 9,5%, nel 2023 l’8,8%. Una tendenza che si registra “marcata” anche in Basilicata con il tasso di imprenditorialità di poco superiore all’8% e un calo di 1,5% in un anno per un ammontare di 5.100 imprese under40. Fenomeni che si sono manifestati in maniera esasperata in tutto il Sud dove tra il 2011 e il 2023 si è concentrata la perdita di popolazione (1 milione in meno di abitanti) e il progressivo invecchiamento con ben 1,9 milioni di giovani. Peggiori condizioni economiche comprimono, infatti, la demografia e senza demografia non c’è crescita.
Il risultato è che negli ultimi dodici anni sono sparite 180mila imprese giovani di cui più del 40% nel Mezzogiorno (oltre 78mila). E il tasso di imprenditoria giovanile, cioè la quota di imprese giovani sul totale, si è ridotto di ben 3,1 punti percentuali, passando dall’11,9% all’8,8%. Senza questa perdita, e quindi con un tasso costante pari a quello del 2011, oggi avremmo tra i 47 e i 63 miliardi di euro in più di Pil.
Questi in sintesi i principali risultati dell’analisi dell’Ufficio Studi Confcommercio “L’importanza dell’imprenditoria giovanile per la crescita economica” presentata in occasione del XV Forum nazionale dei Giovani Imprenditori di Confcommercio.
Il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli nel suo intervento ha messo l’accento sul rischio che i giovani italiani smettano di avere la voglia e la possibilità di creare impresa. “L’impresa è insomma un orizzonte che le nuove generazioni scelgono sempre meno. Tuttavia, fare impresa è una delle decisioni a più alto impatto personale e sociale che possano esserci.”. Lo studio di Confcommercio prova a spiegare il perché di questa disaffezione analizzando due indicatori: il debito pubblico e la pressione fiscale. Quarant’anni fa un giovane imprenditore doveva sopportare un debito annuale di 295 euro contro gli oltre 910 euro di oggi. E ancora, nel 1982 lo stesso giovane entrava con una pressione fiscale media sotto il 32% mentre oggi patisce il 41,5%. Mettendo insieme debito pro capite attuale e prospettico e pressione fiscale si comprende come si sia instaurato un circolo vizioso che deprime l’autoimprenditorialità: un giovane ha debiti contratti da altri che deve ripagare attraverso un fisco più gravoso.
Il presidente dei Giovani Imprenditori di Confcommercio, Matteo Musacci ha parlato del ruolo fondamentale dell’imprenditoria giovanile nella crescita del Paese. “Abbiamo voluto dedicare questo XV Forum Nazionale al tema della crescita perché è il momento che ogni giovane imprenditore – di prima generazione, ma non solo – si trova ad affrontare, spesso con un senso di solitudine. Ma i dati dimostrano anche che senza imprenditoria giovanile lo sviluppo, del Paese procede con il freno a mano tirato. Da un punto di vista innanzitutto quantitativo ma anche qualitativo: le imprese giovanili portano nel mercato energie, prospettive e competenze che rappresentano un irrinunciabile canale di innovazione e creatività”.
Il declino secondo Confcommercio può essere contrastato solo incrementando il tasso di imprenditoria giovanile soprattutto nel terziario di mercato che negli ultimi trent’anni è il settore che ha generato crescita economica ed occupazione L’imprenditoria giovane può dare impulso alla crescita complessiva del Paese e, in particolare, del Mezzogiorno che ha sempre trovato nell’autoimprenditorialità un’ ancora di salvezza contro la ridotta presenza di grandi imprese che generano lavoro dipendente. Occorre migliorare il contesto socio-economico e la demografia, incentivando la partecipazione femminile al lavoro per invertire la tendenza demografica a lungo termine; incentivare l’imprenditorialità, promuovendo l’auto-imprenditorialità attraverso agevolazioni fiscali, semplificazione burocratica e contesto più favorevole; agevolare l’accesso al credito per le imprese giovanili.
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