“È significativo e allarmante constatare come, per il settore cerealicolo, le ultime due annate favorevoli siano state influenzate principalmente dalle conseguenze della pandemia e da fattori geopolitici, in particolare dalla crisi ucraina, piuttosto che da elementi intrinsecamente legati all’agricoltura. Da allora, il settore è in caduta libera” Questa è l’amara riflessione del presidente di Cia Grosseto, Claudio Capecchi, emersa durante il convegno “Innovare e rafforzare la filiera per dare il giusto valore e remunerazione alla produzione cerealicola”, tenutosi a Grosseto e organizzato in collaborazione con Cia Toscana.L’evento ha visto la partecipazione di numerosi agricoltori, dirigenti Cia regionali e tecnici del settore.
“L’obiettivo di questo convegno è trovare soluzioni praticabili -ha spiegato Capecchi-. Dobbiamo intervenire lungo tutta la filiera, puntando su innovazione e il miglioramento dei rapporti commerciali”. Il dirigente ha poi sottolineato l’importanza di garantire un reddito equo agli agricoltori per preservare non solo una cultura produttiva, ma anche il territorio e stimolare l’economia locale. “Tuttavia -ha avvertito-, non si può essere competitivi senza rinnovare; per farlo sono necessari finanziamenti, ma oggi le istituzioni finanziarie spesso non facilitano l’accesso al credito per il nostro settore”. Durante il suo intervento, Capecchi ha evidenziato la necessità di rivedere i costi di produzione e di ridistribuire le marginalità all’interno della filiera, ammonendo che “la cerealicoltura ha una lunga storia nella nostra provincia e la sua vitalità non riguarda solo la singola azienda; il suo abbandono rappresenterebbe un grave problema per tutto il territorio.”I dati presentati evidenziano una preoccupante diminuzione delle coltivazioni di grano duro, che si sono praticamente dimezzate dal 2010 a oggi. Negli ultimi anni, infatti, la situazione della cerealicoltura in Italia ha mostrato una forte flessione, con dati allarmanti sia a livello nazionale che in Maremma, dove in alcune zone si stima che quasi il 50% dei terreni non venga più coltivato a causa dei costi elevati e delle condizioni climatiche sfavorevoli. Riguardo alle alternative per i terreni non utilizzati a cereali, Capecchi ha spiegato che “le produzioni cerealicole e zootecniche associate per la riduzione dei costi e una complementarietà potrebbero rappresentare una soluzione. Tuttavia, anche la zootecnia oggi affronta difficoltà significative; trovare un’alternativa è davvero complesso”.
Capecchi ha concluso auspicando che le istituzioni a tutti i livelli raccolgano il grido d’allarme lanciato da Cia Grosseto e Cia Toscana. “L’abbandono della cerealicoltura comporta non solo una perdita economica, ma anche rischi ambientali e dissesto idrogeologico. È fondamentale affrontare queste problematiche con urgenza per garantire un futuro a chi lavora nel settore, assicurando una produzione di qualità e la sicurezza alimentare. Questo approccio contribuirà a promuovere un’agricoltura sostenibile”.
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