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CASTELLEONE – Un’auto che sfonda la recinzione del cantiere, si incastra sui binari, il treno che marcia lento verso la stazione, travolge la macchina, la trascina per una decina di metri. Il conducente è, per fortuna, già fuori. Lo ha salvato Ladislao, 52 anni, casa a Castelleone. È accaduto la sera del 13 dicembre del 2019, venerdì, la notte di Santa Lucia sui binari della stazione dove c’è un cantiere. E dove per un’ora e mezza il traffico ferroviario viene bloccato.
Quattro anni dopo, oggi, Ladislao è in Tribunale, testimone del pm nel processo a carico di Mamadou, 33 anni, l’ivoriano residente a Soresina che lui quella sera ha salvato. Mamadou è a processo per interruzione di pubblico servizio, difeso dall’avvocato Cesare Grazioli.
Il teste racconta come andò. «Poco prima delle 21 stavo percorrendo la ciclabile che arriva al passaggio a livello. Vedo le protezioni di plastica del cantiere ribaltate e un’auto grigio scuro sui binari». Ladislao pensa che quell’auto sia di qualcuno del cantiere. Si avvicina. Vede che «era a cavallo della prima rotaia», Che «dentro c’è una persona; l’abitacolo è acceso, chiamo il 112». E mentre è al telefono con i carabinieri, «ho bussato sulla capotte», ma quell’uomo non risponde. Il suo salvatore gli urla: ‘Cerca di scendere’. Niente. Intanto, «comincia a suonare il segnale per abbassare le sbarre. Ho insistito, ho aperto la portiera e l’ho tirato fuori». Ladislao agita lo smartphone per dare un segnale al macchinista. Il treno avanza. «Abbiamo fatto in tempo a fare qualche passo indietro». Mamadou, il vizio di bere, ha in mano una bottiglia. «Quando vado per toglierlo dall’auto ho visto che beveva da una bottiglia in mano. Non penso fosse aranciata». Al suo salvatore, l’ivoriano non dice una parola. Va verso l’auto accartocciata. «Lui pensava che fossi l’autista del treno».
Il macchinista era, invece, Claudio Azzini, casa a Piadena, oggi in pensione. «Stavamo arrivando a Castelleone, già avevo rallentato – spiega Azzini al giudice —. Stavo entrando in stazione, ho frenato. C’era particolarmente buio. Ho visto qualcosa che si muoveva. Era il telefonino del signore che mi segnalava, ho capito. Io stavo già frenando, purtroppo l’auto l’ho urtata e l’ho trascinata per un po’». Il macchinista vede Mamadou dopo. «Voleva entrare sull’auto, lo abbiamo invitato a salire sul treno. Non si rendeva conto di niente, voleva salire in auto per scaldarsi». Mamadou viene fatto salire sul treno, non ha un graffio. Sono già arrivati i carabinieri, il personale della ferrovia e la Croce Verde. «Abbiamo atteso la ruspa per far portare via l’auto».
L’ivoriano non deve solo rispondere di interruzione di pubblico servizio. Ma anche di resistenza a pubblico ufficiale (i due processi sono stati riuniti). Quello stesso 13 dicembre, alcune ore prima di sfondare il cantiere in stazione, a Soresina aveva dato fastidio durante una funzione religiosa. Erano stati chiamati i carabinieri. E lui, ubriaco, aveva opposto resistenza, anche in ospedale, il Maggiore di Crema.
La sentenza sarà emessa il 26 febbraio prossimo. L’avvocato Grazioli ha preannunciato al giudice la produzione di due sentenze, una di Cremona, l’altra della Corte d’appello di Milano per fatti accaduti nel 2019 (prima del 16 dicembre) e per i quali Mamadou era stato ritenuto incapace di intendere e di volere.
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