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I Giudici della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18689/2024, affermano che, ai fini TARI, sono assoggettati integralmente al tributo i magazzini destinati allo stoccaggio di prodotti finiti, mentre restano assoggettabili alla sola quota fissa, con esenzione dalla quota variabile, i magazzini di materie prime e merci, funzionalmente ed esclusivamente collegati all’attività produttiva.
La vicenda tra origine da un sollecito TARES 2013 ed un avviso di pagamento TARI 2014 notificato dal Comune di competenza. Il contribuente, dopo il positivo esito in primo grado, è risultato soccombente nel secondo grado di giudizio: da qui il ricorso per Cassazione, la cui decisione merita particolare attenzione, essendo in contrasto con quanto affermato dal Consiglio di Stato, con riferimento alle disposizione contenute nell’art. 1, c. 649 L. 147/2013, il quale testualmente recita: “Nella determinazione della superficie assoggettabile alla TARI non si tiene conto di quella parte di essa ove si formano, in via continuativa e prevalente, rifiuti speciali, al cui smaltimento sono tenuti a provvedere a proprie spese i relativi produttori, a condizione che ne dimostrino l’avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente. Per i produttori di rifiuti speciali assimilati agli urbani, nella determinazione della TARI, il comune disciplina con proprio regolamento riduzioni della quota variabile del tributo proporzionali alle quantità di rifiuti speciali assimilati che il produttore dimostra di aver avviato al riciclo, direttamente o tramite soggetti autorizzati. Con il medesimo regolamento il comune individua le aree di produzione di rifiuti speciali non assimilabili e i magazzini di materie prime e di merci funzionalmente ed esclusivamente collegati all’esercizio di dette attività produttive, ai quali si estende il divieto di assimilazione. Al conferimento al servizio pubblico di raccolta dei rifiuti urbani di rifiuti speciali non assimilati, in assenza di convenzione con il comune o con l’ente gestore del servizio, si applicano le sanzioni di cui all’art. 256, c. 2, del D.Lgs. 3.04.2006, n. 152”
Il Consiglio di Stato, con le sentenze n. 6266/2023 e n. 8279/2023, aveva affermato la non assoggettabilità Tari dei magazzini destinati ai prodotti finiti e semilavorati, oltre ai depositi di materie prime e merci destinate alla lavorazione industriale, ritenendo illegittime le disposizioni regolamentari comunali che esonerano dal pagamento della TARI le superfici dei magazzini solo se risultano “occupate da materie prime e/o merci merceologicamente rientranti nella categoria dei rifiuti speciali”, con espressa esclusione “dei magazzini destinati allo stoccaggio di prodotti finiti e di semilavorati”.
Per i Giudici della Suprema Corte di Cassazione, invece, le disposizioni comunali in tal senso sono condivisibili poiché per i produttori di rifiuti speciali non si tiene conto della parte dell’area dei magazzini, funzionalmente ed esclusivamente collegata all’esercizio dell’attività produttiva, occupata da materie prime e/o merci, la cui lavorazione genera rifiuti speciali, fermo restando l’assoggettamento alla TARI dei magazzini destinati allo stoccaggio di semilavorati e/o prodotti finiti. Risulta dovuta la parte fissa della tariffa, in quanto destinata a finanziare i costi e gli investimenti a beneficio dell’intera comunità, non rilevando qualità e quantità del rifiuto prodotto.
Ci troviamo di fronte ad una diversa interpretazione tra Consiglio di Stato, che comunque ritiene esenti dalla TARI i magazzini funzionalmente collegati alle attività produttive, e Suprema Corte di Cassazione, che li vede assoggettabili alla quota fissa, rendendosi necessario un definitivo intervento chiarificatore.
Giovanni Chittolina e Paolo Salzano
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